venerdì 7 giugno 2013

Astensionismo Elettorale, la sconfitta dell’intelligenza umana.

“Il suffragio universale è il principio secondo il quale tutti i cittadini maggiorenni, senza restrizioni di ceto, istruzione e sesso, possono partecipare alle elezioni politiche e amministrative e alle altre consultazioni pubbliche, come i referendum, garantendo loro il diritto di voto come unica espressione di democrazia diretta dal basso (si ammette tuttavia che in caso di condanna per determinati reati, al condannato si possa sospendere il diritto di voto, temporaneamente o permanentemente). Storicamente si può distinguere tra il suffragio universale maschile, con restrizione al solo sesso maschile, e il suffragio universale propriamente detto, che comprende il completo suffragio femminile. Il suffragio universale è opposto al suffragio ristretto, in cui a votare sono solo coloro che rispettano certi requisiti.”   (Fonte: Wikipedia)

Nell’ aprile 1912, mentre il Titanic affondava, aprendo dopo pochi mesi il dibattito sui diritti del cittadino in mare, in Italia il diritto di voto riceveva la prima delle verifiche che lo avrebbero portato a diventare l’arma chiave per produrre il cambiamento che oggi molti ignorano. Con legge 20 Giugno 1912, n.666, il suffragio universale maschile fu esteso a tutti i cittadini con età maggiore a trent’anni.  Da quell’anno lo sviluppo è stato lungo e travagliato. Prima un decreto nel 1945 da parte dal Consiglio dei ministri, presieduto da Ivanoe Bonomi che ha riconosciuto il diritto di voto alle donne, durante il periodo in cui l’Italia era sotto il dominio tedesco e divisa in due; poi l’utilizzo pratico di questo nuovo suffragio durante l’elezione del 2/3 giugno del 1946 per scegliere la forma di Stato.

Successivamente, l’Assemblea Costituente-il 22 dicembre 1947- approva la Costituzione Italiana che andrà in vigore il gennaio dell’anno successivo; agli articoli 56 e 58 vengono stabilite le limitazioni del suffragio universale per le votazioni alla Camera dei Deputati, aperta a tutti i cittadini maggiorenni, e al Senato della Repubblica, a tutti i cittadini con età superiore ai 25 anni. L’art. 75 inoltre stabilisce che anche i referendum sono votati a suffragio universale.
Non è soltanto l’inizio dell’Avventura Repubblicana del nostro paese, ma anche di quella elettorale che ha visto la partecipazione delle donne e una più attiva del resto dell’elettorato.  

A cosa ci serve una premessa storica? Semplice. Oggi se chiediamo a un Italiano su 3 se ha fiducia nella politica e nell’esercizio del diritto di voto, dirà sinceramente di no. Tutti i politici temono il cosiddetto astensionismo elettorale, e cioè la pratica per cui a un appuntamento di voto, numerosi cittadini non si presentano alle urne rendendo tutta la procedura estremamente macchinosa e inefficiente. Un conto  però è parlare “scolasticamente” del problema, e un altro e ritrovarsi immersi in esso. Per anni si è parlato di un crollo della fiducia dei cittadini nelle sorde e ignoranti istituzioni politiche, ma nulla è valso a convincere una casta che ormai ha dovuto fare i conti all’improvviso con le responsabilità. Alle precedenti elezioni di febbraio (senza introdurre dati riguardo i partiti) è nato un nuovo partito: L’astensionismo. Nei salotti dei talk show o dei TG che hanno commentato tutta la procedura di voto durata due giorni pieni e delicati, si è parlato di come sempre più cittadini abbiano preferito evadere la loro responsabilità per dedicarsi ad altro. Tante schede nulle o bianche; tanti dubbi sulla legge elettorale, insomma, da febbraio l’incubo degli analisti e dei politici è diventato realtà.

Quando le telecamere dei giornalisti incrociavano sguardi e parole dei passanti in tanti hanno risposto che il voto era inutile: “Sono tutti uguali.”  
Che dire? È come fare di tutta l’erba un fascio. Onde evitare di commentare scelte ideologiche, non si può prescindere dal parlare di un fenomeno per il quale sempre più elettori preferiscono non votare perché di politica proprio non ne capiscono nulla, e inconsciamente, astenendosi dal soddisfare il diritto di voto, si legittima un sistema di menzogne e intrighi sottobanco. Ma come mai gli elettori assenti sono colpevoli più di chi ha votato? Perché le assenze abbassano il quorum, danno pane ai giornalisti (quelli pagati a occasione e poco professionali) di infangare l’onore dei cittadini di un paese in ginocchio chiamandoli “fannulloni”, e soprattutto rendono il cambiamento di classe politica difficile da attuare. Se andassimo tutti alle urne quando ci viene chiesto, oggi vivremmo in un paese in evoluzione e senza quel surrogato politico che ci ritroviamo in tv ogni giorno e che sembra non volersi scollare dalle poltrone.

Quanti più cittadini votano, più le grandi coalizioni tremano. Può sembrare una sciocchezza ma in realtà se facciamo un’indagine, il cittadino affamato di politica che legge e s’informa riesce a piegare le inefficienze delle grandi coalizioni votando magari per partiti più piccoli o nuovi dove tante figure giovani si mettono in gioco. Purtroppo però spesso queste persone, appunto perché capiscono troppo, vengono sconfitte moralmente e non vanno a votare, oppure lo fanno ma in numero ristretto. Il pericolo vero è proprio è chi vota senza coscienza sotto l’influsso di promesse irrealizzabili. Ulteriore occasione di sdegno sono state le elezioni amministrative che hanno visto il coinvolgimento del comune di Roma. Domani e dopodomani si vota per il secondo turno, ma si prevede già una tragedia tra le urne perché nella tornata precedente soltanto un romano su due è andato a votare. Purtroppo c’è da dire che se non si fa uno sforzo collettivo, il non andare a votare non significa affatto un gesto di protesta, ma anzi un’ulteriore anestesia ai movimenti cittadini che reclamano dignità e politica seria. 
La nostra Costituzione, il NOSTRO diritto di voto e il suffragio universale sono nati in conseguenza di una guerra mondiale, e non con “simpatici” dibattiti organizzati in Parlamento. Se oggi possiamo prendere in mano la matita e con un piccolo gesto contribuire  ai cambiamenti nel NOSTRO PAESE, lo dobbiamo ad “eroi” della Repubblica che sono morti e che ogni giorno offendiamo lavandoci le mani e delegando il disastro politico a una casta di dubbia efficienza. Per concludere: non andare a votare è da stupidi, anticostituzionale (è un nostro diritto e dovere) ed è la sconfitta dell’intelligenza umana, perché con il voto si possono davvero cambiare le cose.  E quando per strada qualcuno solleva la questione dicendo: “Ma chi dobbiamo votare se sono tutti ladri?” Bisogna semplicemente rispondere che di partiti ce ne sono a sufficienza per soddisfare tutte le sfumature ideologiche e dare una possibilità a chi nella politica crede davvero.


 (di Guglielmo Ferrazzano)

Nessun commento:

Posta un commento