mercoledì 29 gennaio 2014

Cosa sta succedendo in Ucraina: siamo davvero sull’orlo di una guerra civile?

Cosa sta succedendo in Ucraina: siamo davvero sull’orlo di una guerra civile?


Il grido d’allarme arriva da uno dei massimi esponenti dell’autorità ucraina post URSS, Leonid Kravchuk: il primo presidente dell’Ucraina indipendente in carica dal 1991 al 1994. Ne ha per tutti Kravchuk, accusando la maggioranza parlamentare di mettere in ginocchio le opposizioni, e le opposizioni di lanciare continui e provocatori ultimatum al Governo bypassando il dialogo politico. Ma cosa sta davvero succedendo a Kiev in questi ultimi mesi? Tutto è partito dalla decisione del governo ucraino il 21 novembre scorso, per mano del primo ministro Mykola Azarov, di rinunciare all’accordo di associazione tra l’Unione Europea e l’Ucraina, che avrebbe permesso di evitare il crac finanziario, imminente secondo molti analisti, grazie alla soppressione dei dazi doganali delle merci in uscita verso l’Europa, il tutto a favore del rafforzamento commerciale con la Russia. Immediatamente dopo la divulgazione mediatica dell’accaduto, decine di migliaia di Ucraini hanno sfilato pacificamente per le strade di Kiev chiedendo al Presidente Yanukovich di andare avanti con l’accordo UE e accantonare l’intesa con il primo ministro Russo Dmitri Medvedev. I primi tafferugli iniziano il 30 novembre: i cortei promossi dai maggiori partiti d’opposizione capitanati dal leader di UDAR Vitaly Klitschko infatti, si presentavano sempre più numerosi, così come gli scioperi. Il culmine della tensione è stato raggiunto quando la polizia ucraina decide di intervenire, caricando e manganellando i manifestanti, arrestandone 35; un uso della forza assolutamente spropositato visto che i cortei sono sempre rimasti pacifici, che ha suscitato viva indignazione anche da esponenti di spicco dei vari paesi europei e dagli USA. Per tutta risposta il 1 dicembre circa 300mila persone si riversano per le strade della capitale, formando la più grande manifestazione di piazza dopo la Rivoluzione Arancione del 2004. Per riprendere in mano il controllo della situazione, il governo ucraino tenta l’accelerata verso Mosca, chiudendo il 17 dicembre un accordo molto vantaggioso:  investimento pari a 15 miliardi di dollari da parte della Russia in titoli di stato ucraini e sconto di circa il 30% sulle forniture di gas. Grazie all’intesa Russo-Ucraina le proteste iniziano a placarsi. Il clima di tensione torna prepotentemente il giorno di Natale, quando la nota giornalista Tatiana Chernovil, famosa per i suoi articoli critici verso quello che rassomiglia sempre più ad un regime di Yanukovich, viene brutalmente pestata da due uomini nella periferia di Kiev, scatenando una forte ondata di indignazione che dà il via a nuove proteste e cortei di solidarietà. Dal carcere, dove è detenuta illecitamente secondo una recente sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, l’ex primo ministro Julija Timoshenko, tra i principali accusatori del presidente in carica, sprona il popolo affinché si batta per la libertà e la democrazia. Per cercare di porre un freno al rinnovato spirito contestatore dei sostenitori dei partiti all’opposizione, il governo vara il 16 gennaio una serie di norme repressive, sul modello Putin, limitando considerevolmente la libertà di stampa, di opinione e di associazione, vietando qualsiasi corteo non autorizzato sul tutto il territorio ucraino. Il nuovo pacchetto di leggi però ha l’effetto opposto: la piazza s’infiamma e reagisce molto più violentemente portando il Paese ad un’ulteriore inasprimento della crisi. Un primo tentativo di risoluzione è stato fatto il 23 gennaio, con un vertice tra presidente ed opposizioni per arrivare ad una tregua, poi non concretizzatasi effettivamente. Ieri, dopo circa due settimane di violenti scontri tra polizia in tenuta antisommossa e manifestanti, dove sono stati occupati anche numerosi edifici governativi, la maggioranza parlamentare ha deciso di abrogare le leggi vergogna, tentando una mediazione con le opposizioni per uscire da una sempre più tesa ed intricata situazione, anche grazie all’intervento diplomatico degli Stati Uniti che minacciavano pesanti sanzioni contro l’Ucraina se la violenza della polizia verso il popolo non fosse cessata completamente. Purtroppo la mediazione non ha coinvolto anche i manifestanti già arrestati dalle autorità, per i quali le opposizioni chiedevano una amnistia immediata, per questo i cortei delle frange più radicali delle opposizioni non si sono ancora del tutto sciolti, e soprattutto continuavano ad occupare il Ministero dell’Agricoltura. Il neo premier Arbusov, subentrato dopo le dimissioni in massa del governo nella giornata di ieri, proprio su questo sta concentrando i suoi sforzi in Parlamento, mentre il fronte delle opposizioni inizia a spaccarsi: per la prima volta dall’inizio della rivolta infatti, si è arrivati al conflitto tra i manifestanti di Svoboda, partito nazionalista, e i radicali di Spilna Sprava che occupavano la sede del dicastero; dopo un duro scontro il palazzo del ministero veniva liberato. La visita odierna dell’alto commissario europeo Catherine Ashton proverà l’arduo compito di mediare tra maggioranza ed opposizione, che se continuano di questo passo rischieranno di far degenerare la protesta in una vera e propria guerra civile come pronosticato da Kravchuk, in un paese in pieno scontro tra attivisti progressisti pro-UE e conservatori fedeli a rapporti mai soppressi tra Ucraina e Russia dai tempi dell’URSS, quando insieme formavano un unico Stato.

Raffaele Ausiello 


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