sabato 23 marzo 2013

Multiculturalismo: una parola difficile da digerire perché avvolta dall’ignoranza. Di Guglielmo Ferrazzano.


“La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre.”
Albert Einstein.

 Spesso si parla di multiculturalismo usando termini fantascientifici, che introducono un discorso molto ampio creando dubbi, perplessità e anche molte critiche. Da qualche, i libri di testo delle scuole elementari sono stati modificati, introducendo intere sezioni dedicate allo studio delle tradizioni, religioni, modi di fare e vivere la vita, appartenenti a persone di “altre culture”. Il risultato nel breve periodo, è stato per i bambini, un continuo abituarsi a vivere la vita quotidiana con la stessa curiosità con cui hanno imparato a giocare. Bambini sempre più abituati a dialogare e a stringere la mano al compagno proveniente da altre parti del mondo; bambini sorridenti e rispettosi di ciò che si reputa “diverso”. Purtroppo però, se l’esperimento di educare i piccoli studenti a vivere ed esplorare una società in costante evoluzione, è riuscito benissimo, perché i bambini, ricordiamolo, non hanno la mente sporca e incrostata di stereotipi, la controparte adulta invece ha fallito.

 Il problema del multiculturalismo, quale fenomeno di evoluzione della società, che tende a sfondare le barriere dell’ignoranza e a modificare, in sostanza, i ritmi della vita stessa, è praticamente uno: il pregiudizio imposto.

In pratica, secondo psicologi e sociologi, per multiculturale si intende un ambiente, dove convivono persone dalle storie di vita completamente opposte, modi di fare e ragionare diversi, visioni della vita che nemmeno immaginiamo. Questo fa paura, perché una volta che nella nostra mente si sono insediate a forza pratiche di routine e forme di pensiero stereotipate, il pensiero di una persona diversa da noi ci fa sentire nudi. Sconfitti. La mente si apre come un paracadute e assorbe le nuove conoscenze. Questa cosa crea un processo psicologico che smonta pezzo per pezzo le convinzioni e fa rabbia, perché il nostro ego è lasciato agonizzante.
Il diverso fa paura perché ci pone ogni singolo istante in dubbio. Ma se siete stati attenti lettori, potreste contestarmi una cosa.
Non un atto di clemenza da parte di noi potenti e illusi occidentali, che apriamo le porte di casa nostra e accogliamo persone diverse in tutto, come se stessimo accogliendo bisognosi.
Non sarebbe bello svegliarsi la mattina e rinfrescare gli occhi osservando un mondo pieno di nuovi profumi? Chiacchiere per strada in diverse lingue? Rimescolare balli, canti e musica; frequentare corsi universitari dove s’impara vivere il multiculturalismo e non definirlo sociologicamente? Insomma, un mondo come la storia sta tracciando inesorabilmente? Prima o poi, o ci adattiamo o verremo sommersi dalla stessa immondizia di pensieri con cui tiriamo avanti da anni per egoismo. Il mondo multiculturale è più efficiente e gioioso di quello che viviamo ora tutti i giorni, che, di fatto, produce solo ignoranza e povertà mentale, oltre che, purtroppo, anche quella economica.  Come si può reagire a questa cosa? Semplice, prima di parlare bisogna ascoltare, e prima di giudicare, bisogna interrogarsi. Queste due semplici azioni non lasciano spazio agli stereotipi, e se un giorno nutriremo ribrezzo nei confronti di chi indossa un turbante, quando questa persona verrà lasciata libera di spiegare, sarà poi il nostro capo a indossare il turbante stesso e il volto farà comparire un sorriso partorito dalla curiosità. Questo è il multiculturalismo. 

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