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venerdì 12 aprile 2013

Politica! Giovani sempre più preparati. La casta trema. Di Guglielmo Ferrazzano.


Tanti anni fa, parlare di politica a quindici anni era la dimostrazione di una maturità non proprio comune a tutti gli adolescenti o giovani adulti. Quel diaframma spesso duro da infrangere che si contrapponeva tra i cittadini e il mondo politico, oggi non esiste quasi più. Lungi dal considerare la politica una cosa di semplice comprensione, l’intento di questo piccolo concentrato di pensieri è porre una sottolineatura alla maturità, sempre più profonda delle giovani menti e lo scardinamento di quella segretezza o saggezza elitaria, che ha circondato come un alone la politica per anni.

Anni fa, basti pensare per esempio al 2006; il giornale e la televisione erano le uniche due fonti più certe per venire a conoscenza di ciò che accadeva nel mondo politico. A scuola il dibattito politico è stato sempre Off limits e molti politici rispondono ancora oggi in maniera evasiva per non affrontare la semplice domanda: “Perché non s’insegna politica a scuola?”. D’altronde la politica è la scienza dell’analisi e la risoluzione dei problemi, che affliggono una data comunità “umana” insediata su di un territorio specifico.  Niente di più nobile si potrebbe trovare nell’enorme cesta delle scienze umanistiche, che affondano le radici in tradizioni classiche. Eppure, oggi, insegnare agli studenti delle scuole superiori la lettura della costituzione o più semplicemente, trascinarli nell’apprendimento delle regole di educazione civica, è quasi come dire ad un professore di spostare una montagna.
 
Fino a qualche anno fa, un giovane su quattro era davvero a conoscenza delle nozioni di base della “scienza della politica”. Trascinato da letture, approfondimenti; coinvolto nella vita di partito o educato dai propri genitori, il giovane politico era più un critico trascinato a destra e manca in un fiume in piena chiamato appunto politica, e soltanto dopo anni di esperienza poteva aprire gli occhi e farsi davvero un’idea di cosa gli stesse accadendo in torno.
Ora la situazione non è cambiata, ma si è capovolta.

L’avvento dei social network, l’ormai onnipresente web e la profonda crisi “morale” della politica, hanno determinato una maturazione galoppante delle sinapsi giovanili. Se prima il quindicenne militante del partito era più una “chicca” dell’organizzazione, tenuto a bada se troppo fantasioso, ora questo giovane è diventato un’arma carica, pronta a esplodere colpi ben piazzati.

Ma anche i politici con la vocazione stampata in fronte, temono il confronto con questi giovani sempre più preparati, sfacciati e nonostante l’età, pronti in molti casi già a ricoprire cariche politiche, anche se per fare politica ci vuole tanta esperienza.

Il sabato sera davanti ai bar, sempre più spesso, si sostituiscono gli argomenti goliardici con argomenti di vita quotidiana che, se ben incanalati conducono (nonostante la presenza di Alcool nel sangue) a riflessioni di stampo filosofico e politico. È incredibile e strano dirlo, ma è così!
I giovani adulti e gli adolescenti, non solo sono più intuitivi e preparati, ma in grado di affrontare quegli argomenti che fino a poco tempo fa rappresentavano tabù. La casta teme questo, perché un giovane che ha il tempo di informarsi e ragionare pragmaticamente su cosa sta accadendo intorno e dentro di lui, può diventare una vera e propria minaccia per gli equilibri di chi con la politica ha fondato le radici di un impero chiamato “potere”. Basta farsi un giro su Facebook o nei forum per vedere questa gioventù pronta a commentare l’operato politico di capi di governo o sindaci.

È che la politica parte davvero dal basso. I tempi sono maturi affinché i giovani prendano in mano le redini della situazione, scavalcando quella fascia generazionale, sconfitta e demoralizzata dalla crisi economica e morale che caratterizza la nostra vita nel quotidiano. 

giovedì 28 marzo 2013

Attimi (di Fulvio Paternuosto)








(In alta qualità)
VIDEO





(il testo dell'articolo)







Un istante.


Ciò che ci collega all’universo è un piccolo, rapido, istante.


Per la teoria delle bolle, l’universo intero potrebbe annullarsi in un attimo, scandito dall’implosione della realtà così come la conosciamo, congelata all’orizzonte degli eventi.

Miliardi di vite paralizzate in un attimo eterno, dissolte in una frangia del tempo trascorso, private della possibilità di esprimere dolore, rassegnazione, inquietitudine, terrore. Non è morte se non puoi temerla, è il nulla che ci riflette nel nulla, abissandoci nel buio dell’inesistenza.

Attimi di un futuro mai vissuto e che mai verrà, depredato del tempo che gli appartiene.

Attimi che non ci accorgiamo di vivere ogni giorno, ogni ora ed ogni secondo della nostra vita.

Attimi che consumiamo ridendo, mangiando, parlando, sorseggiando, scrivendo, osservando il tramonto che infiamma la notte e la notte che risorge ogni volta, bella ed eterea, profumata di tutto e di nulla.

Attimi che spendiamo ripensando, rimuginando sugli errori commessi e su quelli che verranno, su gesti di rabbia, sulla rabbia inespressa, soffocata, esplosa.

Attimi di terrore, in cui ci accorgiamo di essere soli, e di coraggio, in cui realizziamo di non esserlo mai stati. Attimi di gioia, prima di un rapporto ed istanti delicati, al culmine dell’estasi, con le labbra sulla pelle.

Attimi che diventano respiri, ansito crescente, durante la corsa con l’ansia di arrivare primi o di arrivare e basta. Attimi in cui ci soffermiamo ad ascoltare la pioggia ed istanti in cui piove il mondo e non lo sentiamo, piegati dalla violenza e violentati dalla cieca rabbia. Morti e sepolti dall’indifferenza di chi un attimo lo tiene per se soltanto.


Attimi persi.


In una storia che sembrava potesse durare per sempre. In uno sguardo senza conseguenze. In un sorriso mai regalato o donato troppo tardi, fra lacrime e coscienza. In un tornado di emozioni, rigettate nel corpo come un vagito troppo forte e sprofondate nell’abisso dell’inconscio, mai del tutto spento.

Schizofrenici attimi di follia, istanti di panico lacerante, e poi l’oblìo, respiro della mente, chirurgia dell’anima, quando il corpo è piegato e la mente spezzata.

Viviamo una vita composta da milioni di istanti, più o meno significativi, librandoci in aria come pulviscolo che cade verso il basso, e a tratti, senza alcun motivo evidente, si sposta come un soffione al vento.
Ci rendiamo conto dei nostri errori quando quell’istante è ormai spento e ci ritroviamo inesorabilmente un po’ più in basso e un po’ più vicini alla base.


Ed il tempo ci è sfuggito di mano.


Allora qualcuno prova a far qualcosa per riprendere le redini del proprio destino, rimediare agli errori, tornare indietro e pescare quel piccolo, rapido istante, nel mare del tempo.

Ma è troppo tardi. L’orologio segna le ventiquattro. Tutto riprende a scorrere dal principio. Gli istanti diventano ore, le ore giorni, i giorni si dilatano come bolle cullate dal vento, e in breve diventano anni. E gli anni si trasformano nell’esistenza stessa.

Nell’attimo in cui avremmo voluto amare e non lo abbiamo fatto. Nell’istante preciso in cui avremmo dovuto dire no, e abbiamo taciuto.


Un piccolo e rapido istante.
Il più importante della nostra vita.
Capace di sconvolgere l’esistenza e trasformarsi in destino, sciagura o sogno.





<<Fulvio Paternuosto>>

giovedì 28 febbraio 2013

Sogni di una giovane precaria. Viaggio nella mente di chi si affaccia nel mondo “in crisi”. Di Francesca Mastrogiacomo.


         
Quando ero piccola sognavo possibilità. Di fare carriera, crearmi una famiglia assieme ad un compagno di vita, comprare casa e garantire alla mia famiglia una vita dignitosa.
È passato molto tempo da quel sogno. Ora ho ventisei anni ed un curriculum pieno di titoli ed esperienze lavorative, naturalmente non retribuite. Come la maggior parte dei giovani della mia generazione, anche io sono entrata nel vortice degli stage non retribuiti, dei lavoretti saltuari, dei tirocini all’estero finanziati dai miei genitori e ai quali ho dovuto rinunciare non senza dispiacere. Ora davanti a me ho solo incertezze.
C’è crisi, non c’è lavoro. Tutto vero. Ma se c’è crisi, mi domando perché leggo di consulenze negli enti pubblici pagate decine di migliaia di euro, di membri del Parlamento con vitalizi da capogiro e con tutta una serie di agevolazioni economiche, tra le quali figurano viaggi gratis su treni e aerei, per non parlare del pedaggio autostradale, anche esso gratuito. Mio padre, come milioni di italiani, paga il pedaggio per viaggiare in autostrada e non ha portaborse finanziati dalla Camera o dal Senato. Il mio futuro è incerto come quello di molti altri ragazzi.
Facciamo parte della prima generazione che sta peggio dei propri padri. Perché di solito, il progresso scientifico e tecnologico aiutano a migliorare il proprio tenore di vita e le proprie aspettative. Durante i miei studi ho imparato che con la nascita delle prime associazioni di lavoratori e poi dei sindacati, le condizioni dei lavoratori sono parecchio migliorate. Si sono evolute, garantendo a tutti pari dignità di trattamento, sia in termini  economici che di benessere lavorativo. Io vedo solo gente con l’I phone, che a stento riesce a mettere in tavola un piatto caldo per i propri figli.
Da piccola vedevo la mia vita scandita a tappe: le scuole elementari, le medie, il liceo. “Vai all’università” mi hanno detto. Mi sono laureata alla triennale e poi alla magistrale. Ed ora? “Ora ci vuole un master, poi il dottorato, corsi di specializzazione, corsi professionali, di formazione e stage all’estero”. Ed il Nobel? Oppure un corso di triplo salto mortale con avvitamento, spaccata verticale e ritorno sul dito medio. Mi domando a cosa serva tutta questa specializzazione se alla fine e con una buona dose di …. fortuna, andremo a ricoprire ruoli che prima erano di lavoratori meno qualificati rispetto a noi.
Ci hanno chiamati “Bamboccioni” perché rispetto alla media europea restiamo più a lungo a casa con mamma e papà. Questi signori, però, dimenticano che negli altri paesi non esistono stagisti non pagati e le condizioni di lavoro sono certamente migliori, che permettono di andare via di casa già con il raggiungimento della maggiore età.
Ma io vivo in Italia, patria di santi, navigatori e precari.