giovedì 28 febbraio 2013

Occupazione, sviluppo e sicurezza: dibattito e proposte. Di Gabriella Castaldo


A dieci giorni dalle elezioni: proposte dal territorio campano. Un tavolo di confronto.
Occupazione, sviluppo e sicurezza: dibattito e proposte.
I problemi esposti dai rappresentanti di: Cisl, Uil, Cgil, Questura di Caserta, Giovani industriali.




A dieci giorni dalle elezioni i problemi politici assumono carattere sostanziale. Quali sono le proposte? Quali sono i problemi da risolvere in maniera repentina e quali possono aspettare per una risoluzione? Domande, queste, che hanno fatto da sfondo al dibattito di giovedì 14 febbraio, organizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche Jean Monnet. Gli ospiti: Camilla Bernabei della CGIL, Vincenzo Bove Pres. Giovani Industriali, Carmine Crisci di CISL, Antonio Farinari della UIL, Giuseppe Gualtieri, Questore di Caserta. A porre le basi del dibattito è stato un video realizzato dagli studenti che mette in risalto luci e ombre della realtà campana, e in specie, quella casertana. Immagini forti che in pochi minuti riassumono le ferite e le bellezze del territorio casertano, che di fatto non hanno prodotto un vero e proprio dibattito, bensì un’attitudine politica a fare begli elenchi dei problemi che affliggono un territorio. Le parole più ascoltate: Camorra, malavita, malfunzionamento del sistema. Carmine Crisci si espone sulle bruttezze che la politica casertana ha prodotto in materia di conservazione dei beni culturali, motivo per il quale il turismo perde spessore, e le attività ne risentono. Dunque per generare occupazione e quindi reddito è necessaria una più attenta e corretta gestione del patrimonio culturale? Diversa argomentazione trova il dibattito con Farinari e Bernabei, che concentrano il problema dell’inoccupazione nel livello basso di formazione che oggi viene offerte agli studenti campani, dalla scuola elementare all’università. <<Bisogna avvicinare la formazione universitaria al lavoro>> dice Farinari << per evitare che le nostre menti brillanti lascino la loro terra>>. Medesimo approccio al discorso per il Presidente dei Giovani Industriali, che in veste di imprenditore comprende il motivo dell’astensione delle aziende dagli investimenti in Campania. Gualtieri parla di legalità, di lotta alla criminalità organizzata. Dunque questi i motivi che conducono la Provincia di Caserta, e più in generale la Regione Campania, ad essere considerate il “cancro dell’Italia”. L’impossibilità di avere un mercato agricolo tra i migliori, a causa dell’inquinamento delle terre: la bonifica è necessaria, ma i soldi per i progetti di bonifica, di fatto vengono utilizzati per <<cementizzare>>- come dice Bove, dunque non giungono a destinazione. I beni culturali vengono pressappoco lasciati a sé stessi per la medesima causa. La formazione scolastica ed universitaria non solo ottengono pochi fondi dalla regione; il precariato poi è un’altra grossa macchia dell’istruzione campana. Dunque quali sono i problemi da affrontare? Alla radice di questo ampio discorso, vi è la malavita e la corruzione, nonché l’incapacità (o disonestà) della politica regionale e provinciale. Non è un caso che, nel territorio casertano, i sindaci e le giunte continuino ad approvare progetti di edificazione anche su aree non edificabili con l’insegna del cemento casalese. Non è un caso che in una terra con un clima invidiabile, che potrebbe partorire il miglior mercato ortofrutticolo suscettibile di occupazione per moltissime persone, tale progetto sia irrealizzabile: la signora Camorra decide che si può rinunciare alla salute in nome di un mercato floridissimo ed illegale per il quale la Campania ingloba i rifiuti dell’Italia intera, e forse anche di più. Non è un caso che l’occupazione sia impossibile poiché “clientelismo” e “favoritismo” sono le più grandi insegne, che illuminano o meglio oscurano il corretto funzionamento del sistema occupazionale. Ancora, non è un caso che le imprese chiudano o falliscano, certamente per il problema più ampio della crisi, dietro il quale però si nascondono le ombre del racket e della mancanza di occupazione. Quanto alla degradata formazione scolastica ed universitaria bisognerebbe citare qualche caso clamoroso. È un caso che in alcuni Comuni del territorio casertano, le famiglie abbiano addirittura dovuto provvedere ad acquistare i libri delle scuole elementari, perché i suddetti Comuni non hanno fondi? È un caso che siano state radicalmente tagliati i fondi per la concessione delle borse di studio agli studenti soprattutto universitari? Il caso “Jean Monnet”: un solo beneficiario. Eppure va detto che le tasse aumentano, i cittadini, gli studenti, le pagano per vedersi non riconosciuti quei diritti per cui ha profumatamente adempiuto al pagamento dei tributi. Un groviglio di problemi, questi, che rendono un territorio invivibile. Cosa fare allora? Servono idee e progetti? No. Serve una politica del <<giusto>>, seguita dalla trasparenza nella gestione della cosa pubblica. Serve una cruda lotta alla corruzione. Bisogna combattere contro il Dio Imbroglio.

                                                                                                                             (di Gabriella Castaldo)

Napoli aspetta Bruce. Di Luigi Repola




“The Boss” torna a casa. Napoli aspetta da anni questo evento. L’ultima volta fu al Teatro Augusteo: era il 1997 e quel concerto finì con un live di “Thunder Road” da una finestra che affacciava sulla strada per la gioia dei fans accorsi a migliaia.
Springsteen ha un rapporto stretto con l’Italia, con la Campania anche di più: sente le origini della sua famiglia, dei nonni materni che partirono da Vico Equense per trovare la fortuna in America. Negli anni, Springsteen è diventato proprio l’icona di quell’America che non si è mai piegata alle difficoltà, lo Stato guida contro la potenza sovietica, dell’America reaganiana, patriottica e vogliosa di dimostrare la sua forza.
Il concerto del 23 Maggio a Napoli è stato fortemente voluto del sindaco De Magistris, che ha voluto dare un volto nuovo alla città, cosa che forse non può essere fatta con azioni volte a migliorare i problemi cronici di Napoli. Così per una notte si cerca di dimenticarli, niente monnezza, niente camorra, niente disoccupazione, si fa finta che come dice il protagonista del famoso film Johnny Stecchino “l’unico problema della città sia il traffico”.  “The Boss” torna in Italia per una serie di concerti, nel tour mondiale per pubblicizzare la sua ultima fatica, “Wrecking Ball”. Album molto diverso da “Working On A Dream” del 2009,  che seguiva quella scia forte di speranze e aspettative, per il pubblico americano e mondiale che vedeva ancora il proprio futuro con ottimismo e che non temeva una crisi dai risvolti ormai drammatici.
“Wrecking Ball” parla di questo, ci racconta di chi non riesce, di chi è stanco anche di provare a lottare e Springsteen ci mostra un’America provata da una crisi che ha colpito tutto il ceto medio, che forse medio non lo è neanche più.
Vediamo il sogno americano spezzato stavolta, non c’è la potenza di “Born in the U.S.A.”, neanche la carica di “Born to run”, ma ci sono le speranze ridotte al lumicino, il futuro visto con gli occhi di chi non è sicuro di viverlo, c’è l’uragano Katrina e c’è New Orleans che continua a vivere.
 Ci si aspetta un grande serata a fine Maggio. A sessant’anni suonati Springsteen è capace di dare ancora spettacolo, con la libertà di alzare la voce, di esprimere liberamente ogni pensiero da una parte o dall’altra della barricata. Con determinazione e onestà, senza preoccuparsi di poter dar fastidio, forse sperando anche di farlo alla fine.



Cinque ragazzi, un sogno: Lain. di Gabriella Castaldo


La determinazione, il sacrificio e la speranza di un gruppo di giovani musicisti.
<<Cinque ragazzi, un sogno: Lain>>
Il territorio casertano partorisce nuovi talenti: dal palcoscenico al cuore della gente.

Giovane ed emergente rockband del territorio casertano, i L.A.I.N. conquistano il cuore delle persone con la musica. Il progetto Lain nasce da un’idea del cantante Alessandro Ronca e del chitarrista Massimo Vagliviello.<< Sentivamo il bisogno di dare voce alle emozioni, e abbiamo scelto la musica per farlo.>> spiega Alessandro. Al gruppo si aggiungono il batterista Luigi Papale, il chitarrista Alfonso d’Agostino e il bassista Eugenio Fiorillo. Esordiscono con poche e sporadiche esibizioni nei locali di Caserta, per poi raggiungere Radio Kisskiss e Youtube. Ma chi sono veramente i Lain? << I Lain sono un gruppo di ragazzi che lavorano per hobby: il loro lavoro è la musica>>. Credendo fermamente nel loro talento, l’obiettivo di questi musicisti è quello di emozionare la gente con temi che non passano mai di moda: l’amore nella sua insensatezza (dal nome del gruppo “Love and its nonsense”), le emozioni di un attimo vissuto appieno in un mondo dove si è sempre di corsa per vivere l’attimo con l’intensità che merita. Il talento li ha portati lontano: i Lain hanno registrato a Milano il singolo “Aria”, un testo che racconta dell’esperienza artistica, del rapporto che un artista ha con la propria passione, che diventa appunto aria, un elemento impossibile da eludere. Il secondo singolo “Un centimetro al giorno”, è forse il più noto alla new generation casertana. Anche le istituzioni hanno creduto nel talento dei Lain: la  Dott.ssa  Adele Vairo, Preside del Liceo A. Manzoni di Caserta, non ha esitato a mettere a disposizione della musica, il capitale umano e materiale dell’edificio scolastico. Un esempio che tutte le scuole dovrebbero dare: credere nel talento dei giovani, che in una realtà così difficile come quella campana, e più in generale del meridione d’Italia, non smettono di sognare. “Cinque ragazzi, un sogno”, la frase che il cantante dei Lain pronuncia all’apertura di tutti i concerti. Il sogno di cinque ragazzi che emozionano  attraverso un  pop/rock americano stile Nickleback.  Un sogno che si dilata oltre misura, laddove un gruppo di ragazzi spendono i propri soldi per investire sul proprio talento. Un sogno in cui pochi hanno ancora il coraggio di credere. Questi sono i Lain: cinque artisti, cinque giovani che amano la musica, sanno fare musica, sanno entrare nel cuore di chi apprezza la novità, hanno ancora la capacità di credere che sulle rovine di una società senza più particolari aspettative, sia possibile riuscire a realizzare i propri progetti.
(di Gabriella Castaldo)
https://www.facebook.com/lainrock?fref=ts

DUE COPRICAPO A CONFRONTO Di Angela Santonastato



Uno degli accessori che dal XIV secolo fino a i giorni nostri non passa mai di moda è sicuramente il cappello.
Anzi, sembra rinnovarsi più e meglio di tanti altri capi di abbigliamento. Ne esistono di vari tipi: di feltro, paglia, seta, stoffa e hanno tutti un nome in base alla loro forma. Ci sono i baschi, i berretti, le cuffie,le coppole…
Nei Paesi occidentali, il cappello è più di una moda. Spesso è anche una necessità: nelle città dal clima meno temperato è utilizzato per ripararsi dal freddo, altre volte è un vezzo, altre ancora un mezzo per nascondere calvizie precoci o altri problemi. Ma vale la pena anche spiegare che ci sono “cappelli” che non hanno nulla a che vedere con tutto questo. E’ il caso del burqa che definire cappello è decisamente improprio ma che, nella categoria dei copricapi acquista un ruolo ben preciso, quasi unico.
Il burqa risale al 1900 nel tempo di Habibullah, sovrano dell’Afghanistan, che lo impose alle donne del suo harem per evitare che queste attirassero l’attenzione di altri uomini. Per lungo tempo il suo utilizzo non era obbligatorio anzi, divenne simbolo di eleganza delle donne più ricche ed accessorio desiderato da quelle meno abbienti.
Nel Corano è nominato il “jilbab”, cioè un velo che a differenza del burqa, che copre solo il viso e il collo, ricopre tutto il corpo. Allah, rivolgendosi alle donne, ordina loro di velarsi per proteggere i loro sguardi e la loro castità in modo da preservare la loro condizione di donne libere(cioè non schiave), non inique, da non poter essere importunate e molestate da altri uomini.
Con il regime talebano il burqa ha perso il suo reale significato religioso, divenendo un accessorio obbligatorio per le donne. Infatti, queste sono state accusate di tentare gli altri uomini con i loro sguardi e il loro modo di camminare e solo con il suo utilizzo si può redimere qualsiasi tentazione.  Viene così risaltata la supremazia dell’uomo rispetto alla donna.
L’utilizzo del burqa in molti Paesi dell’occidente è stato criticato al punto che sono state emanate leggi che ne vietano l’uso. Anche l’Italia vieta l’utilizzo di copricapi che non permettono il riconoscimento della persona soprattutto per motivi di ordine pubblico. Per il velo, il suo utilizzo non vieta il riconoscimento e al giudice spetta di giudicare solo per motivi che impediscono senza giustificazione il riconoscimento.
Per certe credenze, usi, tradizioni bisogna comprendere ed accettare  il contesto in cui nascono,crescono, si modificano, si evolvono e talvolta muoiono.
Il cappello indossato dalle donne in Chiesa non desta scompiglio: lo dice il galateo. Il burqa allora, perché dovrebbe provocare scompigli se indossato per motivi religiosi.
La maggior parte delle donne islamiche ritiene il velo importante, quale segno distintivo che rappresenta le proprie radici e i propri credi.



Sogni di una giovane precaria. Viaggio nella mente di chi si affaccia nel mondo “in crisi”. Di Francesca Mastrogiacomo.


         
Quando ero piccola sognavo possibilità. Di fare carriera, crearmi una famiglia assieme ad un compagno di vita, comprare casa e garantire alla mia famiglia una vita dignitosa.
È passato molto tempo da quel sogno. Ora ho ventisei anni ed un curriculum pieno di titoli ed esperienze lavorative, naturalmente non retribuite. Come la maggior parte dei giovani della mia generazione, anche io sono entrata nel vortice degli stage non retribuiti, dei lavoretti saltuari, dei tirocini all’estero finanziati dai miei genitori e ai quali ho dovuto rinunciare non senza dispiacere. Ora davanti a me ho solo incertezze.
C’è crisi, non c’è lavoro. Tutto vero. Ma se c’è crisi, mi domando perché leggo di consulenze negli enti pubblici pagate decine di migliaia di euro, di membri del Parlamento con vitalizi da capogiro e con tutta una serie di agevolazioni economiche, tra le quali figurano viaggi gratis su treni e aerei, per non parlare del pedaggio autostradale, anche esso gratuito. Mio padre, come milioni di italiani, paga il pedaggio per viaggiare in autostrada e non ha portaborse finanziati dalla Camera o dal Senato. Il mio futuro è incerto come quello di molti altri ragazzi.
Facciamo parte della prima generazione che sta peggio dei propri padri. Perché di solito, il progresso scientifico e tecnologico aiutano a migliorare il proprio tenore di vita e le proprie aspettative. Durante i miei studi ho imparato che con la nascita delle prime associazioni di lavoratori e poi dei sindacati, le condizioni dei lavoratori sono parecchio migliorate. Si sono evolute, garantendo a tutti pari dignità di trattamento, sia in termini  economici che di benessere lavorativo. Io vedo solo gente con l’I phone, che a stento riesce a mettere in tavola un piatto caldo per i propri figli.
Da piccola vedevo la mia vita scandita a tappe: le scuole elementari, le medie, il liceo. “Vai all’università” mi hanno detto. Mi sono laureata alla triennale e poi alla magistrale. Ed ora? “Ora ci vuole un master, poi il dottorato, corsi di specializzazione, corsi professionali, di formazione e stage all’estero”. Ed il Nobel? Oppure un corso di triplo salto mortale con avvitamento, spaccata verticale e ritorno sul dito medio. Mi domando a cosa serva tutta questa specializzazione se alla fine e con una buona dose di …. fortuna, andremo a ricoprire ruoli che prima erano di lavoratori meno qualificati rispetto a noi.
Ci hanno chiamati “Bamboccioni” perché rispetto alla media europea restiamo più a lungo a casa con mamma e papà. Questi signori, però, dimenticano che negli altri paesi non esistono stagisti non pagati e le condizioni di lavoro sono certamente migliori, che permettono di andare via di casa già con il raggiungimento della maggiore età.
Ma io vivo in Italia, patria di santi, navigatori e precari.



Il Presidente, il “Fiscal Cliff” e gli equilibri del paese. Di Luigi Repola







Dopo aver vinto le elezioni, il presidente Obama aveva un compito ancora più arduo, che se fallito, lo avrebbe fatto entrare nella storia non tanto per le riforme che avevano fatto da traino nelle sue due campagne elettorali, come Presidente del “Default”.


Si è parlato per mesi del pericolo negli States del “Fiscal Cliff”, il baratro fiscale che avrebbe portato al tracollo l’economia del paese. Tracollo che non c’è stato grazie al voto positivo della Congresso del 31 Dicembre 2012 e del giorno seguente.


Di grande importanza è stato il voto del Senato, necessario per evitare una serie di nuove imposte, introdotte dal Presidente Bush nel precedente mandato, che non avrebbero aiutato la ripresa economica.


Protagonisti dell’intesa sono il Vicepresidente Joe Biden e il capo dei senatori repubblicani, Mitch McConnell, che a poco più di due ore dalla mezzanotte di fine anno si sono accordati sulla fine degli sgravi fiscali per i redditi oltre i 400 mila dollari decisi dall’ultimo governo repubblicano.


Il presidente Obama può ritenersi moderatamente soddisfatto dell’accordo stipulato dal suo vice, anche se durante la tornata elettorale uno dei punti che il presidente uscente aveva più a cuore era l’aumento della tassazione per i redditi superiori ai 250 mila dollari. Forse sapeva di chiedere troppo in un Congresso così spaccato e allora con quattro anni ancora da passare a Washington è meglio accontentarsi.


Dopo la conferma di novembre, Obama non ha più il peso di un’ulteriore candidatura e può finalmente proporre quelle riforme che per non perdere grosse fette di voto sono rimaste sempre nel cassetto della casa ovale, una di queste è quella che riguarda i diritti civili e i matrimoni gay.


Il referendum sulle unioni tra coppie omosessuali ha portato a una vittoria schiacciante dei si, spinta dal peso che ha avuto il voto è nata una campagna governativa proprio per sensibilizzare gli americani dal nome “Legalize Love”.


Una campagna mediatica fatta utilizzando YouTube ed ogni tipo di social network. Un modo intelligente per parlare di un tema scottante modo di fare che in Italia ancora manca da parte dei partiti principali.

Obama ha un consenso ancora forte nel Paese, ha spazio di manovra e la società americana sta aspettando che il Presidente delle grandi promesse diventi il Presidente dei fatti, così che non rimanga nella memoria americana come l’occasione sprecata di attuare una politica democratica, sociale e riformista già sognata da Clinton quasi venti anni fa .






SISTEMA CINA-INDIA A CONFRONTO. di Sandra Barbaro



DIBATTITO PRESSO LA JEAN MONNET PER CAPIRE LE ORIGINI DEI COLOSSI ECONOMICI
SISTEMA CINA-INDIA A CONFRONTO
CONFRONTO DI DUE PAESI COSì ALL'AVANGUARDIA MA ANCHE COSì ARCAICI

Caserta-28 Gennaio 2013. Si è tenuto presso il Dipartimento di Scienze Politiche Jean Monnet un seminario tenuto dal professor Andrea Borroni, ricercatore presso la medesima università, sul sistema giuridico cinese che si basa sull'uso dei conciliatori con l'aiuto dei familiari delle controparti affinché si possa evitare un processo. In tal caso il giudice  prenderà delle decisioni basandosi sulla filosofia, in particolare sulle dottrine di Confucio e non su concetti giuridici . Il professor Borroni si è soffermato sul passaggio dall'Impero Celeste, definito sistema piramidale dove al vertice vi è l'imperatore che ha un "mandato dal cielo" e sulle differenze sociali tra i vari soggetti anche all'interno della stessa famiglia (marito-moglie, genitori-figli), alla Repubblica nata agli inizi del XX secolo dove sorgono i primi codici civili perché finora il sistema giuridico cinese si basava esclusivamente su consuetudini ed iniziarono ad ispirarsi alle legislazioni europee in particolare quella tedesca, giapponese e svizzera eliminando la pena di morte, introducendo il diritto soggettivo ed il principio di uguaglianza nelle successioni. Si è soffermato poi sul periodo del Comunismo nato nel 1949 che abolisce i precedenti codici introducendone altri di ispirazione sovietica dove il popolo è sempre più assoggettato allo Stato  fino alla politica attuale del paese dove si è ripristinata la figura del conciliatore che risolve il 90% delle controversie e la nascita dell'istituzione delle fattorie di Stato. Ha anche parlato del "sistema delle caste", presente in India, con i cambiamenti avvenuti nel tempo anche se certe tradizioni sono ancora vive sotto forma di consuetudini, concludendo con un confronto del sistema politico tra i due paesi, infatti la politica cinese è più centralizzata in opposizione all'India che ha un'organizzazione decentralizzata del potere. E' stata una lezione molto interessante anche per l'attenzione che il professore è riuscito ad ottenere da parte dei suoi ascoltatori, pur essendo l'argomento molto impegnativo e diverso dal nostro ordinario, che sono stati entusiasti della lezione e della disponibilità del docente a rispondere alle numerose domande 

L’ultimo dei pensieri si chiama Politica Sociale. Di Remo Grasso



Da volontario con esperienza e presidente di una ONLUS del mio paese, ero fermamente convinto che in queste ormai prossime elezioni (questo articolo viene scritto prima dell’appuntamento del 24 e 25 Febbraio 2013) avrei sentito i futuri candidati Premier parlare di quelle fasce più deboli, dei disabili, delle famiglie costrette a pagare una percentuale ben più alta di quella che spetta loro, poiché i comuni e gli enti locali non versano la quota di partecipazione per le prestazioni sanitarie di cui queste persone hanno  bisogno. E a nulla valgono gli incontri territoriali con i rappresentati ASL, delle case di cura, dei centri diurni e delle amministrazioni perché in queste riunioni (chiamate incontri per L’ambito Territoriale di Zona). Non si decide nulla o si prende tempo giustificando la mancanza di fondi con il solito “stiamo aspettando che la Regione sblocchi i finanziamenti…”. Addirittura in molti casi gli addetti alle Politiche Sociali di questo o quel Comune non sanno nemmeno di cosa si parla.

Nel Dicembre scorso ho avuto la possibilità di conoscere personalmente chi lotta, ormai da decenni, per eliminare queste incongruenze della vita sociale e portare speranza, ma soprattutto concretezza, nelle proposte e nelle richieste di coloro che chiedono aiuto!

Così durante un convegno dal titolo “ Inclusione & Sviluppo. Prospettive e testimonianze di inserimento lavorativo e sociale delle persone con disabilità” tenutosi a Piedimonte Matese (Caserta), in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, si è espresso in rappresentanza della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), Giampiero Griffo, componente dell’Esecutivo Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International), che si è soffermato in particolare sul lungo cammino che ancora si dovrà percorrere per arrivare a una vera inclusione delle persone con disabilità nei vari settori della vita sociale.
Griffo è un piccolo esempio di come la coscienza di una persona, affetta da disabilità fisica, ma con la volontà di creare opportunità per chi ha meno possibilità di lavorare, per esprimere la forza di chiedere alle istituzioni un passo avanti verso una reale soluzione al problema.
A tale proposito ho cercato nella pagine dei maggiori partiti qualche voce nel programma elettorale che sia concretamente finalizzato alla crescita e allo sviluppo dell’inserimento lavorativo e sociale delle persone con disabilità.
·         Per il Partito Democratico di Bersani ( http://www.partitodemocratico.it/Allegati/il-programma-dei-democratici-e-dei-progressisti.pdf )

“ […] parlare di uguaglianza significa guardare la società con gli occhi degli “ultimi”. Di coloro che per vivere faticano il doppio: perché sono partiti da più indietro o da più lontano o perché sono persone con disabilità.”
Ossia bisogna fare qualcosa ma questo qualcosa ancora non si sa, parole vuote.

·         Dal programma di Mario Monti invece,  (http://agendamonti.s3.amazonaws.com/UnAgenda-per-un-impegno-comune-di-Mario-Monti.pdf ) :

“ Bisogna riconoscere e valorizzare il ruolo del volontariato, un mondo vastissimo che spesso incontriamo senza neppure riconoscerlo e che svolge funzioni preziose non solo nel campo dell’assistenza, ma anche dell’educazione, nella formazione degli adulti, nello stimolo culturale. “

Parole vere e senz’altro bellissime. Peccato che in un anno di Governo Monti queste possibilità per il volontariato si siano ridotte drasticamente a livello di finanziamenti, possibilità e strutture. Vero è che l’emergenza dell’Italia era un’altra, ma togliere fondi a queste fasce, a queste realtà non porta l’orlo dei “vecchi poveri” a nuovi livelli di disperazione?

·         Dal Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, invece, la politica sociale non è inserita né nel sommario del programma (http://www.beppegrillo.it/iniziative/movimentocinquestelle/Programma-Movimento-5-Stelle.pdf ) né nella parte relativa a Stato e Cittadini, chiaro esempio di come ciò che non fa troppo scandalo o scalpore non è nel mirino di questo leader.


·         Dal programma del PdL, alla sezione 16 di questo programma http://www.pdl.it/speciali/programma-elettorale-2013.pdf  si legge: 

-          Modello di welfare basato sulla tradizione sussidiaria italiana
        e incentrato sul valore della persona, della famiglia, del lavoro
        e del rapporto con il territorio

-          Buono-dote o credito di imposta per la libera scelta nei servizi
       del welfare

-          Stabilizzazione e raddoppio del 5 per mille

-          Misure per favorire la conciliazione dei tempi di vita e lavoro
        delle famiglie

-          Revisione e potenziamento degli strumenti previsti dalla Legge
        328 del 2000, tramite incremento dei fondi ad essi destinati

-          Revisione Legge 180 del 1978 (emergenza salute mentale)

-          Ripristino delle opportunità di accesso ai servizi pubblici
        a domanda individuale per i cittadini italiani


Anche in questo caso, però, nonostante i molti anni di governo Berlusconi, mai nessuna proposta è stata fatta per migliorare e potenziare le promesse che ora nel calendario del 2013, si intendono intraprendere, soliti vaneggiamenti insomma.

·         Dal sito di RivoluzioneCivile.it, ancora :

-          Vogliamo rafforzare il sistema sanitario pubblico e universale ed un piano per la non-autosufficienza.

Ossia fare il minimo necessario giusto per contemplare, nel proprio programma, la situazione dei disabili non-autosufficienti.

Il mio auspicio e il mio lavoro e quello di milioni di altri volontari in tutta Italia, è quello di riportare la questione sociale di nuovo sulla scena nazionale per creare un futuro dove ogni disabile, malato mentale o fisico, ogni grave situazione di adeguamento sociale o di difficoltà all’inserimento lavorativo possa essere finalmente superata in maniera definitiva.

Chi ha avuto meno dalla vita ha ancor più diritto ad essere rappresentato in maniera adeguata e forte, senza vane promesse o speranze ma con concrete azioni di cambiamento e miglioramento.

Il voto di un disabile vale come quello di qualsiasi altra persona.

Grasso Remo


“Erasmus for all”: istruzioni per l’uso. di Sonia Pellegrino









Il progetto Erasmus (European Region Action Scheme for Mobility of University Students) nasce nel 1987 ad opera della CE e deve il suo nome al celebre teologo olandese Erasmo da Rotterdam. Un progetto che permette agli studenti europei di poter effettuare un periodo di studio che varia dai 3 ai 12 mesi in un’università straniera, usufruendo di una borsa di studio. Un progetto che dall’anno prossimo, sotto la denominazione “Erasmus for all” potrebbe assumere delle fattezze intercontinentali e trasversali. Ma ... cosa racchiude la parola “Erasmus”?


Ce lo racconta Marco, al terzo anno di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, presso la Jean Monnet, studente a Tolosa, appena rientrato dopo 5 mesi di Erasmus.
Cosa ti ha spinto a salire sul volo Napoli-Tolosa del 30 agosto 2012?

La mia voglia di viaggiare. Ne ho avuto spesso la possibilità, ma sono mai stato fuori casa per più di un mese e questa nuova esperienza mie eccitava.
Ho inoltrato domanda, ma inizialmente avevo sottovalutato la reale opportunità di fare quest’esperienza. Man mano che si avvicinava la data di pubblicazione della graduatoria, aumentava in me l’ansia e la voglia di partire, ci speravo, iniziavo a crederci.



Piccoli trucchi per sopravvivere in una città straniera, senza conoscere la lingua locale.


Bella domanda, ma credo che ognuno possieda i propri trucchi. L’approccio è stato difficile, conoscevo solo la parola francese “baguette” , ma fortunatamente il linguaggio dei gesti mi ha aiutato moltissimo.

Non bisogna aver paura di far brutte figure e impegnarsi al massimo per parlare e praticare la lingua locale,

ma soprattutto non bisogna chiudersi in sé stessi dopo le prime difficoltà. il primo mese è davvero difficile tra la ricerca di un appartamento, le pratiche burocratiche ed il Learning Agreement (il documento da compilare con gli esami da fare all’estero, croce e delizia di tutti i borsisti).


Per quanto riguarda i corsi: inizialmente mi sono limitato a cercare di copiare qualche appunto dalle slides proiettate a lezione e a farmi conoscere da professori e colleghi chiedendo appunti e cercando di sfruttare al meglio le strutture messe a disposizione dall’Università ospitante.



Cosa è stato per te l’Erasmus?
Bisogna ammettere che è davvero difficile descrivere l’Erasmus. “ERASMUS”, è una sola parola, ma che racchiude in sé tantissime emozioni . Per me è stato FRANCIA, ma non Parigi, è stato TOLOSA e tutto ciò che questa splendida città mi ha potuto riservare ed è stata una grande opportunità, sia a livello universitario che umano. Ripartirei già domani per l’Erasmus. Ti lascia un qualcosa che ti legherà per sempre a quel luogo, a quelle abitudini, a quella gente, o meglio a quegli AMICI, delle emozioni, forse, mai vissute prima. Ti dona la voglia di usare le tue conoscenze e metterle in atto per aiutare gli altri e di continuare a conoscere culture diverse.


Com’è stato il ritorno in Italia?

Purtroppo non è una bella sensazione il ritorno. E’ quando torni in Italia che capisci quanto davvero è stato importante tutto quello che hai vissuto.
Riabituarsi alle vecchie abitudini è davvero difficile, non passa giorno in cui non penso a quella esperienza e forse ancora non mi rendo conto che è tutto finito, la malinconia è sempre con me.


Un messaggio a tutti i ragazzi che non conoscono o che vorrebbero vivere questa esperienza?

Chi non conosce il Programma ERASMUS oggi?
E comunque più che altro direi: ERASMUS, ne vale la pena? Assolutamente si. E’ un’esperienza che cambia la tua visione della vita. Conosci gente proveniente da ogni parte del mondo, puoi confrontarti con diversi stili di vita e per molti è anche la prima esperienza di “vita da soli”. Ti apre al mondo del lavoro, ti ritrovi con una lingua in più sul tuo curriculum e acquisisci la consapevolezza che è possibile cavarsela da soli.
Purtroppo non bisogna dimenticare che non è un’esperienza per tutti, occorre considerare questo e tante altre cose prima di partire: personalità, proprio percorso, proprie attitudini ma il mio consiglio è di non perdere questa occasione.



Chi ha visto “l’appartamento spagnolo” ? Un film da vedere, sul quale prendere appunti e fantasticare... Vivere un anno all’ estero proprio come il protagonista del film, Xavier, fra storie d’amore senza seguito e nottate che finiscono all’alba, in piazza, mezzo e ubriaco e con persone di cui non conosci nemmeno il nome. Probabilmente l’Erasmus è anche questo ma penso che dietro ci sia molto altro,difficilmente descrivibile.. Quindi, che aspettate? Partite per scoprirlo!


Sonia Pellegrino











IL FILM - Viva la libertà: i Sentimenti e la Politica| di Giovanni Vanore



Coincidenza vuole che Viva la Libertà, il nuovo film del regista Roberto Andò, che vede protagonista Toni Servillo, sia uscito proprio il 14 febbraio, giorno di San Valentino, nel quale, sentimenti d’amore, si condensano. E lì, in quei pochi metri quadri, di una saletta, sono rimasti. I politici, quelli reali, sanno ancora parlare di sentimenti?


Toni Servillo, in Viva la libertà è Giovanni ed Enrico Oliveri
Immaginate la scena che avrete visto migliaia di volte in televisione, soprattutto, nei concitati giorni, della campagna elettorale appena terminata. Il potente uomo politico, candidato alla guida del Paese, scende dall’auto blu e viene circondato dal solito capannello di giornalisti. Un reporter gli chiede perché i suoi capelli sono diventati grigi e lui risponde, con un sorriso velato, che è un messaggio agli italiani: "Siate onesti, smettete di tingervi."

Brillante. Tagliente. Coinvolgente. Enrico Oliveri, leader dell’opposizione in Italia, raggiunge il palco allestito in una piazza gremita: è il comizio di chiusura, a ventiquattro ore dal voto.

Prima di cominciare a parlare, indica col dito una delle centinaia di migliaia di persone presenti e riassume i pensieri e le domande che affollano la testa di un giovane militante: "Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto? Qualcosa o tutto? Su chi contiamo ancora? Siamo dei sopravvissuti, respinti via dalla corrente? Resteremo indietro, senza comprendere più nessuno o da nessuno compresi ?." Poi, conclude, il discorso così: "Questo tu chiedi. Non aspettarti nessuna risposta, oltre la tua." E la piazza scoppia in un boato, di commossa approvazione.

Immaginato? Bene, torniamo alla realtà. Perché, quello che parlava, non era un politico, non era Enrico Oliveri, ma suo fratello Giovanni, filosofo e poeta depresso, che, durante il giorno rincorre estri e pensieri per metterli su carta. Un "pazzo" per la casa di cura che lo tiene in osservazione. Un pazzo che, per via della fuga del fratello-gemello, si ritrova, per salvare il partito, a parlare ad un paese impaurito dalla crisi montante.
Paura che, certo, non è mancata e - dopo l’esito delle elezioni - non manca tuttora.
 
Ma cosa hanno fatto i politici-reali, quelli che per giorni si sono sfidati, accaparrandosi , tra tv e radio, ore e ore di interventi?  Quali parole hanno usato per parlare agli italiani? Di certo non quelle di Bertolt Brecht, come ha fatto il nostro poeta prestato alla politica.



Più che usate, parole come democrazia, speranza, innovazione, lavoro, eccetera, sono state ab-usate. Abusate, perché da anni usate. Sono state consumate dal tempo. Svuotate. Ed è uno dei motivi per cui il paese, oggi, si presenta così frammentato: è disorientato, appunto impaurito. E se quelle parole, di cui prima, sono state la bussola per tanto tempo, ora, sono solo slogan, buone al pourparler, all’interno degli studi televisivi.

Ma si sa, gli slogan sono buoni a vendere. Ora, il Paese, ha bisogno di costruttori, non venditori di sogni. Ha bisogno di gente che, armata di ingegno e dedizione, con animo propositivo e non contrario, inizi a parlare alla gente di sentimenti. Non urlando. Perché, ora come ora, basta poco: la paura e le ansie amplificano il buono che si trova per strada. La crisi economica rischia di invadere anche il campo dei sentimenti, facendo tabula rasa, trovandoci in miseria: economica e interiore, ben più insostenibile.

Ecco, Viva la Libertà, per chi lo guarderà, mette in scena la politica di cui, oggi, abbiamo bisogno. La politica fatta da uomini pieni di entusiasmi, non mestieranti con sguardo grigio; la politica che rischia, scalando le mura, per vedere l’orizzonte, non quella che s’aggrappa alle gambe degli altri, per non soccombere.
Più che un film, quello del regista Roberto Andò, insieme a Toni Servillo, vuole essere un auspicio: il più onesto dei sentimenti.

Giovanni Vanore