domenica 30 giugno 2013

AMA IL TUO SOGNO - Yvan Sagnet

Yvan Sagnet, “Ama il tuo sogno”. Vita e rivolta nella terra dell’oro rosso.

di Francesca Mastrogiacomo








Si è tenuta presso la Sala conferenze della biblioteca diocesana di Caserta la presentazione del libro “Ama il tuo sogno. Vita e rivolta nella terra dell’oro rosso” di Yvan Sagnet.
Sono intervenuti Padre Nicola Lombardi, Direttore ISSR “S.Pietro” e Marco Rossi, ufficio di comunicazione ISSR “S. Pietro”, che hanno illustrato brevemente l’attuale legislazione in materia di immigrazione.
Yvan viene dal Camerun,  ha 27 anni, la pelle molto scura e con lineamenti meno marcati rispetto ai suoi compatrioti. Si è appena laureato al Politecnico di Torino ed è da lì che parte la sua storia, fatta di difficoltà ma soprattutto di tenacia e coraggio:

“Grazie ad una borsa di studio, ho potuto frequentare il Politecnico di Torino, ma a causa di un esame andato male, la borsa mi è stata revocata. Così, su consiglio di un amico, ho iniziato a lavorare come bracciante nella campagna salentina ed è lì che ho visto realmente come vengono trattati i lavoratori immigrati. In generale il lavoro degli immigrati funziona come una transumanza che parte dal casertano, arriva in Puglia per la raccolta degli ortaggi, in Sicilia e in Calabria per gli agrumi e i pomodori pachino, in Piemonte e nel Veneto per le mele. Al nord, invece, gli immigrati sono impiegati principalmente nell’edilizia. Il guadagno giornaliero è di circa 20-25 euro, dai quali vanno sottratti i costi per mangiare, dormire, andare al campo e curarsi nel caso ci si faccia male. Tutti costi che vanno ai caporali. Si dorme in bivacchi di fortuna e su materassi comprati da altri lavoratori.”
“È per questo che io ed altri lavoratori,” continua Yvan, “abbiamo iniziato a scioperare. Per giorni abbiamo bloccato la masseria impedendo ai caporali di entrare. Gli effetti sono stati grandiosi: la raccolta si è bloccata al punto che i caporali ci hanno pregato di raccogliere i loro prodotti che altrimenti sarebbero andati persi.” 

Nel raccontare il suo viaggio nel mondo del lavoro agricolo italiano, Yvan ha sottolineato quanto siano poco tutelati i diritti del lavoratori immigrati, che sono una grande risorsa economica, senza la quale l’Italia andrebbe in malora. Le amministrazioni locali sono dormienti e tutto è fermo come ad essere abituati all’ illegalità.
Successivamente a questo grande sciopero, è stata emanata una legge che vieta il caporalato, ma che, sottolinea Yvan Sagnet, non è sufficiente. “Le leggi ci sono, non c’è necessità di farne altre, bisogna solo farle rispettare e soprattutto, colpire tanto i caporali quanto i datori di lavoro, che sono i veri mandanti di questi crimini contro i diritti dei braccianti”.
Ora Yvan è laureato, fa il sindacalista e gira l’Italia per diffondere la sua testimonianza e cioè che insieme si può combattere l’illegalità.

Di seguito il link al video di Yvan Sagnet al programma “Quello che non ho”, nel quale racconta la sua esperienza.

lunedì 17 giugno 2013

Basta al lavoro minorile!

               IL SORRISO DEI BAMBINI NON SI TOCCA

 

         

''Oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale contro il lavoro minorile - ha detto il Papa al termine dell'udienza generale del 12 Giugno 2013 con un riferimento particolare allo sfruttamento dei bambini nel lavoro domestico -
" questo e' un deprecabile fenomeno in costante aumento, specialmente nei Paesi poveri. Sono milioni i minori, per lo piu' bambine - ha continuato il Pontefice -, vittime di questa forma nascosta di sfruttamento che comporta spesso anche abusi, maltrattamenti e discriminazioni. E' una vera schiavitù questa, auspico vivamente che la Comunita' internazionale possa avviare provvedimenti ancora più efficaci per affrontare questa autentica piaga. Tutti i bambini devono poter giocare, studiare, pregare e crescere nelle proprie famiglie, e questo in un contesto armonico, di amore e serenità"

 In tutto il mondo 250 milioni di bambini al di sotto dei 14 anni sono costretti a lavorare; fra questi, secondo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, sono 120 milioni i bambini tra i 5 e i 14 anni che lavorano a tempo pieno, cioè circa il 50%. Molti vengono usati da imprenditori senza scrupoli per produrre articoli che noi stessi usiamo per il tempo libero e lo sport: scarpe, palloni, abbigliamento con famosi marchi sportivi, che in nome della globalizzazione sono prodotti dove il lavoro costa poco o pochissimo e non ci sono diritti civili e sociali da rispettare. Fra questi, 171 milioni svolgono un lavoro pericoloso, e 8 milioni sono vittime delle peggiori forme di sfruttamento (lavoro forzato, ossia una forma di schiavitù, prostituzione, produzione di materiale pornografico, per non parlare poi dell'arruolamento nei conflitti armati).

Secondo un resoconto pubblicato dal Comitato olandese per l'India, in anni recenti si sarebbe assai diffusa nelle piantagioni di cotone ibrido dell'India meridionale la pratica dello sfruttamento del lavoro minorile femminile. L'introduzione dei semi di cotone ibridi all'inizio degli anni '70 ha portato a significativi cambiamenti nella qualità e quantità di produzione di cotone in India, contribuendo non solo alla crescita della produttività e della qualità del cotone, ma a generare un sostanziale incremento di occupazione aggiuntiva nel settore agricolo. A dispetto del suo positivo contributo, la produzione di cotone grezzo ibrido ha generato nuove forme di sfruttamento del lavoro, che comprendono l'impiego di ragazze e il loro sfruttamento su larga scala. La produzione di semi di cotone ibridi è ad alta intensità di lavoro, e le ragazze, che vengono impiegate nella maggior parte delle operazioni di produzione, lavorano duramente, vengono pagate molto poco, vengono private dell'istruzione, e restano esposte per lunghi periodi a prodotti chimici per l'agricoltura pericolosi per la salute.
Ciò che distingue il lavoro minorile nella produzione di cotone, concentrata nell'India meridionale, da altri settori che impiegano lavoro minorile nel paese, è che questa comporta numeri relativamente elevati e che il lavoro minorile femminile costituisce la maggior parte della forza lavoro complessiva. Si stima che circa 450 mila ragazze, di età compresa tra i 6 ed i 14 anni, siano impiegate nei campi di cotone indiani, delle quali 250 mila nel solo stato dell'Andhra Pradesh. Lo sfruttamento di lavoro minorile nelle coltivazioni di cotone è legato alle più ampie forze di mercato del settore, che vedono molte importanti società nazionali e multinazionali coinvolte nel problema. La relazione economica dietro questo abuso è complessa e molteplice, così da mascherare la responsabilità legale e sociale dei giganti del settore.
"La disoccupazione degli adulti aumenta ma il lavoro minorile non diminuisce". E' la situazione "paradossale ed inquietante" sottolineata dal ministro dell'integrazione Cecile Kyenge in occasione della Giornata contro il lavoro minorile. Il ministro ha affermato che "una vita senza infanzia è una vita offesa" e che c'é il "bisogno di garantire ai bambini, con norme adeguate, di diventare grandi". Il mio ministero guarderà con attenzione e cercherà di accompagnare tutti i progetti contro lo sfruttamento del lavoro minorile. La disoccupazione degli adulti aumenta ma il lavoro minorile non diminuisce". Questo anche perché "in certi ambiti non è concorrenziale la competenza ma la fragilità sociale dei lavoratori, la loro ricattabilità. Allora - ha concluso Kyenge - il lavoro minorile è causa ed alimento di un disagio sociale diffuso".
 
Il lavoro infantile o minorile è un fenomeno che coinvolge i bambini di età compresa fra i 5 e i 15 anni in tutto il pianeta. Pur essendo presente in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo si presentano determinate condizioni che favoriscono questo fenomeno. I lavori riservati ai bambini si possono dividere in due categorie: settore produttivo (agricoltura, industria, pesca) e settore urbano.

In Italia lo sfruttamento del lavoro minorile è vietato dalla legge 977 del 17 ottobre 1967[1] e successive integrazioni portate dal D.L n. 345 del 4 agosto 1999 e dal D.L. n. 262 del 18 agosto 2000.Nonostante i divieti, l'ISTAT nel 2001 stimava che ci fossero in Italia circa 140.000 lavoratori tra i 7 e 14 anni.Con la legge n.176 del 27 maggio 1991 l'Italia ratifica il testo della Convenzione sui diritti del Fanciullo approvato dall'ONU nel 1989.Per fermare lo sfruttamento minorile sono state promosse iniziative come la promozione di marchi commerciali (Fair Trade) che garantiscano che un determinato prodotto non sia stato fabbricato utilizzando manodopera infantile. Questi programmi, pur essendo mossi da buone intenzioni, non creano alternative ai bambini attualmente occupati, che si ritrovano così costretti a indirizzarsi verso altre attività produttive, nella maggior parte dei casi più pericolose. Nonostante i numerosi provvedimenti attuati, i bambini vittime di schiavitù e privati di una buona infanzia sono ancora molti. Ma ciò che è ancor piu brutto è che venivano violentati e frustati dai 10 anni in giù. La relazione presentata da Spadafora, garante per l’infanzia e l’adolescenza, alla Camera dichiara l’Italia paese da Terzo Mondo. Definisce l’Italia una matrigna madre di migliaia di bambini abbandonati, defraudati che hanno diritti più piccoli di loro. Una matrigna che lascia i suoi fanciulli nel disagio economico e sociale, tra le trappole del web o in scuole impoverite, pericolanti ed inefficaci; tra i rancori di famiglie disgregate o ancora nella trappola del gioco d’azzardo, della droga, dell’alcool e ancor peggio della criminalità organizzata. Un paese che si trova agli ultimi posti tra i 29 paesi occidentali. 


La storia di Rania

A Milano in occasione di questa giornata contro il lavoro minorile, Plan ha presentato una storia a lieto fine, raccontata direttamente da Rania che vive in Egitto (dove sono 1,59 milioni i bambini che lavorano): “Ho sempre sognato di fare l’ingegnere, ma i problemi di salute di mio padre mi avevano reso impossibile realizzare questo desiderio. Mio padre (come in molte famiglie egiziane, ndr) era la sola fonte economica della famiglia, così quando fu colpito da un attacco di cuore, la nostra famiglia dovette arrangiarsi e l’istruzione fu l’ultima delle priorità. A scuola la situazione disagevole che vivevo non veniva compresa: avevo bisogno di un certo numero di libri e quaderni, ma mio padre poteva comprarne solo la metà, ero in grande imbarazzo quando il maestro si presentava davanti a me e mi sgridava perché la mia famiglia non pagava le tasse scolastiche puntualmente e mi ordinava di non presentarmi a scuola finché non avesse pagato. Così mio padre un giorno decise di farmi abbandonare la scuola, quando stavo frequentando la settima classe. E a 11 anni fui mandata a lavorare in una fabbrica di vestiti per aiutare economicamente la mia famiglia. Lavoravo senza sosta dalle 8 del mattino alle 5 del pomeriggio. Solo quando il mio supervisore mi vedeva così esausta da non poter continuare a lavorare mi pemetteva di mangiare, ma sempre mentre lavoravo, e comunque per non oltre 30 minuti. La fabbrica era molto distante e alla sera arrivavo a casa distrutta. Guadagnavo al mese 250 sterline egiziane (l’equivalente di poco più di 26 euro, ndr). A 15 anni entrai nel programma contro il Lavoro Minorile di Plan tramite la comunità dove vivo e, dopo aver seguito un corso di formazione per parrucchiera, lavoro in un salone di bellezza vicino a casa, guadagno e sono ritornata a scuola e sto recuperando gli anni persi”.

Il programma di Plan contro il Lavoro Minorile ha lo scopo di eliminare questa condizione togliendo anzitutto i bambini da situazioni pericolose, alzando il livello economico delle famiglie, ad esempio con l’inserimento delle madri in gruppi di risparmio e credito, in modo tale da allontare gradualmente i piccoli dal mercato del lavoro.
I bambini sono il futuro del nostro Paese e del Mondo, nessuno ha il diritto di distruggere i loro sogni e i loro sorrisi. Questa è forse la causa più importante da combattere dicendo BASTA AL LAVORO MINORILE! 


Alice Buonanno

martedì 11 giugno 2013

1984-2013: il ritorno al Big Brother


Privacy violata in America, bufera sull’amministrazione Obama

 

 


La visione di Orwell fu tanto lucida da aver inciso negli anni le coscienze degli individui creando terrore per il Grande Fratello. La paura dell’essere osservati continuamente è ciò che terrorizza, poiché ci si sente mossi come burattini all’interno della società. In questi giorni una rilettura di Orwell è una cosa utile, perché la quotidianità impone un ripensamento sul rapporto tra le persone e la tecnologia. Non è questione di superficialità ne di complotti ma soltanto di inquadrare la realtà e capire cosa stia succedendo e chi sta approfittando della situazione.

La sicurezza è diventata un concetto relativo, così come successo come il concetto di privacy. Il problema è che tutto ciò succede esattamente nel momento in cui l’individuo trasferisce sul digitale la propria socialità     ( amicizie, affetti), la propria identità,le proprie informazioni,il proprio lavoro ed il proprio tempo libero. In questo passaggio cruciale, le ombre  descritte da Orwell tornano negli incubi delle persone, e vista l’attualità non potrebbe essere altrimenti.

Ed è ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni in America, con la bufera  scatenata sull’amministrazione  Obama dopo la scoperta che l’agenzia per la sicurezza nazionale e l’FBI ( Federal Bereau of Investigation) spiano milioni di cittadini se pure in nome della sicurezza del paese, a prescindere dalla loro attinenza agli attacchi terroristici.

Così una compagnia telefonica ha scoperto di essere sotto controllo, stessa situazione per altri fornitori di servizi telefonici, ma i controlli a tappeto coinvolgono anche il web, poiché  le due agenzie per la sicurezza nazionale hanno accesso ai movimenti degli utenti su google,yahoo,facebook,skype,yotube,
americaonline, vengono controllati gli arichivi personali, le fotografie, le mail, i files, le videoconferenze e altro ancora.

Questo programma denominato “Prims” al quale Microsoft ha aderito sin dall’inizio è stato creato a nome della sicurezza nazionale e riprende le misure di controllo volute da Bush con il Patriot Act  tracciando una linea di continuità tra quel provvedimento dettato dalla paura, all’indomani dell’attacco all’America dell’11 Settembre del 2001, e lo scandalo di oggi.

<< Vengono controllati solo i cittadini non americani>> 
prova a difendersi una fonte anonima dell’amministrazione << non viene ascoltato il contenuto delle telefonate ma solo tracciata la loro provenienza e destinazione>>.

Spiegazione che non ha convinto gli americani gelosi della loro privacy, sia che si tratti di intercettazioni telefoniche sia di ordini segreti per eliminare i rischi di attacchi terroristici,cittadini americani che si sentono sotto l’occhio del “Grande Fratello” proprio come in passato.


Paola Iaia

venerdì 7 giugno 2013

World Environment Day

  PENSA,MANGIA E RISPARMIA…




- Think, eat, save, cioe' pensa, mangia e risparmia. E' il motto di quest'anno
della Giornata mondiale dell'Ambiente (in inglese World Environment Day o WED),
che si celebra ogni anno il 5 giugno dal 1972 quando venne proclamata
festivita' dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite. 

Quest'anno la manifestazione principale e' ospitata in Mongolia e invita a contrastare gli
sprechi alimentari. Ogni anno nel mondo un terzo del cibo prodotto viene
gettato durante uno dei passaggi dal produttore al consumatore. Lo ricorda
l'Unep, l'agenzia dell'Onu per l'ambiente, che ha scelto appunto il tema della
'impronta alimentare' per  questa giornata mondiale dell'Ambiente per
richiamare ciascuno alla responsabilita' e poter diventare protagonista del
cambiamento a sostegno di uno sviluppo sostenibile ed equo. Gli 1,3 miliardi di
tonnellate di derrate alimentari, spiega l'agenzia, del valore di mille
miliardi di dollari, sarebbero sufficienti a nutrire gli 870 milioni di persone
che ogni giorno non hanno da mangiare, oltre a rappresentare uno 'spreco' di
emissioni di CO2. ''Ridurre il cibo sprecato e' una sfida economica, etica e
ambientale - ha osservato Achim Steiner, direttore generale dell'Unep - uno dei
modi e' guardare a come culture meno 'sprecone' danno valore a ogni singolo
boccone, e valutare come imitarle''. 






La Mongolia è uno dei Paesi che stacrescendo maggiormente nel mondo, e punta a garantire questa crescita con una economia verde. Mentre la Mongolia non spreca cibo in modo significativo, in Italia continua il consumo di terra (8 metri quadrati al secondo vengono
impermeabilizzati), di aria (8 mila morti da smog nelle 13 principali città),
di acqua (230 litri a testa, quasi il doppio dei tedeschi). Nel mondo si sono
appena superate le 400 parti per milione di anidride carbonica in atmosfera e
questo record geologico (non succedeva da oltre 3 milioni di anni) comporta
scompensi a catena sulla biodiversità, sul ciclo idrico, sulla fertilità dei
suoli, sul livello dei mari. Innalzamento del livello del mare, incremento di
ondate di calore e periodi di siccità, alluvioni, tempeste e uragani in aumento
per frequenza e intensità. Complici le emissioni di gas serra in costante
aumento, gli effetti del riscaldamento globale si stanno facendo sentire,
mettendo a dura prova il pianeta. Secondo il Wwf i governi e le aziende stanno
rispondendo con colpevole lentezza. E intanto, il mondo continua a confrontarsi
con una minaccia di aumento medio della temperatura globale di almeno 4°c
rispetto all’epoca preindustriale.  E contro la lotta agli sprechi ha tuonato
anche papa Francesco durante l’udienza tenuta questa mattina. Il Pontefice ha
infatti affermato: “Stiamo sfruttando e trascurando la Terra, il cibo che si
butta via è come se fosse rubato dalla mensa di chi è povero" . 

In occasione di questa giornata, ci sono state moltissime iniziative volte a smuovere le
coscienze di tutti noi abitanti di questo bellissimo pianeta:  A Latina, nei
giardini pubblici, sono state liberate 10 mila coccinelle nell’ambito del
progetto sperimentale per la lotta biologica ai parassiti a tutela del verde
urbano. L’iniziativa è stata promossa dal comune e dalla Sogin, società
pubblica incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani, fra i
quali la centrale di Latina. Le coccinelle si nutrono degli afidi: ne divorano
fino a 100 al giorno, ma a differenza dei pesticidi non lasciano tracce nella
catena alimentare.

 A Firenze, invece, cartelli bianchi con la scritta nera
“ABBRACCI GRATIS” , 1.200 in tutto tradotti in 8 lingue, sono apparsi questa
mattina sugli alberi lungo le strade e i viali principali di Firenze. Una
grande installazione artistica, realizzata da 'Treedom', una start up di
giovani professionisti e studenti che si trova a Firenze dal 5 al 9 giugno in
collaborazione con la Repubblica delle idee. Su tutti i cartelli è riportato
l'hashtag twitter #freehugs (in inglese 'abbracci gratis') e sono molti i
fiorentini che questa mattina hanno condiviso la notizia sul social network. I
fogli sono fissati ai tronchi degli alberi con dello spago, in modo da essere
chiaramente visibili agli automobilisti. 

In Calabria il Centro recupero tartarughe marine CTS di Brancaleone ed Earth Day Italia hanno deciso di restituire al mare una Tartamondo, una tartaruga marina simbolo che rappresenta
l’emblema della natura e dei pericoli che la minacciano. La Tartamondo in
questione si chiama Rughetta e la sua storia è simile a quella di molte altre
decine di migliaia di esemplari che nuotano in un mare ogni giorno più
insidioso. Ma per fortuna qui c’è un lieto fine. Rughetta è stata salvata dagli
operatori del Centro Recupero Tartarughe Marine CTS di Brancaleone lo scorso
primo maggio. 

A Milano oggi è stato il giorno di “BASTA MOZZICONI A TERRA”,
campagna nata per sensibilizzare al rispetto degli spazi che ci circondano.
Molto spesso i fumatori spengono le sigarette a terra e le lasciano lì,
spiegano gli organizzatori. Si creano così tappeti di mozziconi che oltre ad
essere sgradevoli dal punto di vista estetico, sono di intralcio ai netturbini
perché si incastrano negli interstizi. 

 Un altro problema che danneggia l’ ambiente sono i cambiamenti climatici oggi più che mai evidenti, basta guardare alle:"anomalie termiche in Italia, al caldo nei Paesi Scandinavi, alle
alluvioni in Europa centrale e ai tornado che colpiscono gli Usa". A dirlo il
direttore esecutivo di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio, che in occasione
della Giornata mondiale dell'Ambiente ricorda come "la Terra stia continuando
ad accumulare calore" e che i cambiamenti climatici sono uno dei problemi più
urgenti da affrontare. Ma per Onufrio anche "i grandi progetti industriali
legati alle fonti fossili sono un problema serio", come quelli sul Polo nord
dove è "in corso una campagna di Greenpeace" per salvare quest'area. Gli eventi
estremi, osserva Onufrio, dovrebbero suonare da "avvertimento, ma non è così:
forse badiamo troppo allo spread e mettiamo poca attenzione all'ambiente; il
che può tradursi in crisi ambientali per gli ecosistemi". Il 5 giugno è l’
occasione per fare il punto sulle grandi emergenze con la Giornata Mondiale
dell’Ambiente promossa dalle Nazioni Unite. L’obiettivo è sensibilizzare le
persone sui problemi ambientali e favorire l’attenzione e quindi l’azione dei
governi. I cambiamenti climatici, spiega  Corrado Clini, direttore generale del
ministero dell’Ambiente, «cominciano a manifestarsi seppur in modo non omogeneo
in diverse aree del nostro pianeta. Ci sono dei segnali che si accompagno anche
ad eventi climatici estremi con danni importanti e perciò la comunità
scientifica internazionale continua a richiamare con più forza l’attenzione
alla comunità degli stati, e quindi delle istituzioni ad assumere impegni
urgenti». Dall’altro lato, aggiunge l’ex ministro, «le istituzioni, in
particolare gli Stati, stanno negoziando un accordo che dovrebbe essere
raggiunto entro il 2015 con una certa fatica e ancora con molte divergenze». In
attesa dell’accordo, però, il vecchio continente può già iniziare a lavorare a
partire da due priorità: riduzione emissioni di Co2 e cambiamento degli stili
di vita.  Secondo Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, «l’Europa
e l’Italia devono lavorare su due leve. La prima è quella di ridurre
rapidamente l’uso delle fonti fossili che sono le principali cause di emissioni
di Co2 soprattutto in Italia. L’altra leva su cui lavorare è il cambiamento
degli stili di vita, il risparmio energetico degli edifici e la rimodulazione
della mobilità in città». 

Nel frattempo l’Italia deve fare i conti anche le proprie emergenze. Basti pensare che quasi la metà della popolazione italiana, 27 milioni di persone, è esposta a rischio sismico o idrogeologico. Il 13% del territorio nazionale è a rischio erosione e frane. Per risolvere e prevenire i disastri Clini ricorda di aver presentato al Cipe il piano nazionale per l’ adattamento ai cambiamenti climatici e la prevenzione del rischio idrogeologico. «È un piano che prevede misure finalizzate da un lato a ridurre il rischio nelle zone più vulnerabili e dall’altro ad avviare, in modo programmato, interventi che nell’arco di 15 anni dovrebbero mettere in
sicurezza il nostro territorio». Mettere in sicurezza il nostro territorio
costerebbe oltre 40 miliardi di euro. Una cifra importante ma è niente se si
considera che, solo per riparare i danni del maltempo, spendiamo un milione di
euro al giorno.  Potrebbe aggiungersi a queste due leve, una terza che
consisterebbe nel semplice fatto di stare più attenti noi al nostro territorio,
di rispettare l’ambiente e renderlo più pulito e vivibile.

Alice Buonuanno

Astensionismo Elettorale, la sconfitta dell’intelligenza umana.

“Il suffragio universale è il principio secondo il quale tutti i cittadini maggiorenni, senza restrizioni di ceto, istruzione e sesso, possono partecipare alle elezioni politiche e amministrative e alle altre consultazioni pubbliche, come i referendum, garantendo loro il diritto di voto come unica espressione di democrazia diretta dal basso (si ammette tuttavia che in caso di condanna per determinati reati, al condannato si possa sospendere il diritto di voto, temporaneamente o permanentemente). Storicamente si può distinguere tra il suffragio universale maschile, con restrizione al solo sesso maschile, e il suffragio universale propriamente detto, che comprende il completo suffragio femminile. Il suffragio universale è opposto al suffragio ristretto, in cui a votare sono solo coloro che rispettano certi requisiti.”   (Fonte: Wikipedia)

Nell’ aprile 1912, mentre il Titanic affondava, aprendo dopo pochi mesi il dibattito sui diritti del cittadino in mare, in Italia il diritto di voto riceveva la prima delle verifiche che lo avrebbero portato a diventare l’arma chiave per produrre il cambiamento che oggi molti ignorano. Con legge 20 Giugno 1912, n.666, il suffragio universale maschile fu esteso a tutti i cittadini con età maggiore a trent’anni.  Da quell’anno lo sviluppo è stato lungo e travagliato. Prima un decreto nel 1945 da parte dal Consiglio dei ministri, presieduto da Ivanoe Bonomi che ha riconosciuto il diritto di voto alle donne, durante il periodo in cui l’Italia era sotto il dominio tedesco e divisa in due; poi l’utilizzo pratico di questo nuovo suffragio durante l’elezione del 2/3 giugno del 1946 per scegliere la forma di Stato.

Successivamente, l’Assemblea Costituente-il 22 dicembre 1947- approva la Costituzione Italiana che andrà in vigore il gennaio dell’anno successivo; agli articoli 56 e 58 vengono stabilite le limitazioni del suffragio universale per le votazioni alla Camera dei Deputati, aperta a tutti i cittadini maggiorenni, e al Senato della Repubblica, a tutti i cittadini con età superiore ai 25 anni. L’art. 75 inoltre stabilisce che anche i referendum sono votati a suffragio universale.
Non è soltanto l’inizio dell’Avventura Repubblicana del nostro paese, ma anche di quella elettorale che ha visto la partecipazione delle donne e una più attiva del resto dell’elettorato.  

A cosa ci serve una premessa storica? Semplice. Oggi se chiediamo a un Italiano su 3 se ha fiducia nella politica e nell’esercizio del diritto di voto, dirà sinceramente di no. Tutti i politici temono il cosiddetto astensionismo elettorale, e cioè la pratica per cui a un appuntamento di voto, numerosi cittadini non si presentano alle urne rendendo tutta la procedura estremamente macchinosa e inefficiente. Un conto  però è parlare “scolasticamente” del problema, e un altro e ritrovarsi immersi in esso. Per anni si è parlato di un crollo della fiducia dei cittadini nelle sorde e ignoranti istituzioni politiche, ma nulla è valso a convincere una casta che ormai ha dovuto fare i conti all’improvviso con le responsabilità. Alle precedenti elezioni di febbraio (senza introdurre dati riguardo i partiti) è nato un nuovo partito: L’astensionismo. Nei salotti dei talk show o dei TG che hanno commentato tutta la procedura di voto durata due giorni pieni e delicati, si è parlato di come sempre più cittadini abbiano preferito evadere la loro responsabilità per dedicarsi ad altro. Tante schede nulle o bianche; tanti dubbi sulla legge elettorale, insomma, da febbraio l’incubo degli analisti e dei politici è diventato realtà.

Quando le telecamere dei giornalisti incrociavano sguardi e parole dei passanti in tanti hanno risposto che il voto era inutile: “Sono tutti uguali.”  
Che dire? È come fare di tutta l’erba un fascio. Onde evitare di commentare scelte ideologiche, non si può prescindere dal parlare di un fenomeno per il quale sempre più elettori preferiscono non votare perché di politica proprio non ne capiscono nulla, e inconsciamente, astenendosi dal soddisfare il diritto di voto, si legittima un sistema di menzogne e intrighi sottobanco. Ma come mai gli elettori assenti sono colpevoli più di chi ha votato? Perché le assenze abbassano il quorum, danno pane ai giornalisti (quelli pagati a occasione e poco professionali) di infangare l’onore dei cittadini di un paese in ginocchio chiamandoli “fannulloni”, e soprattutto rendono il cambiamento di classe politica difficile da attuare. Se andassimo tutti alle urne quando ci viene chiesto, oggi vivremmo in un paese in evoluzione e senza quel surrogato politico che ci ritroviamo in tv ogni giorno e che sembra non volersi scollare dalle poltrone.

Quanti più cittadini votano, più le grandi coalizioni tremano. Può sembrare una sciocchezza ma in realtà se facciamo un’indagine, il cittadino affamato di politica che legge e s’informa riesce a piegare le inefficienze delle grandi coalizioni votando magari per partiti più piccoli o nuovi dove tante figure giovani si mettono in gioco. Purtroppo però spesso queste persone, appunto perché capiscono troppo, vengono sconfitte moralmente e non vanno a votare, oppure lo fanno ma in numero ristretto. Il pericolo vero è proprio è chi vota senza coscienza sotto l’influsso di promesse irrealizzabili. Ulteriore occasione di sdegno sono state le elezioni amministrative che hanno visto il coinvolgimento del comune di Roma. Domani e dopodomani si vota per il secondo turno, ma si prevede già una tragedia tra le urne perché nella tornata precedente soltanto un romano su due è andato a votare. Purtroppo c’è da dire che se non si fa uno sforzo collettivo, il non andare a votare non significa affatto un gesto di protesta, ma anzi un’ulteriore anestesia ai movimenti cittadini che reclamano dignità e politica seria. 
La nostra Costituzione, il NOSTRO diritto di voto e il suffragio universale sono nati in conseguenza di una guerra mondiale, e non con “simpatici” dibattiti organizzati in Parlamento. Se oggi possiamo prendere in mano la matita e con un piccolo gesto contribuire  ai cambiamenti nel NOSTRO PAESE, lo dobbiamo ad “eroi” della Repubblica che sono morti e che ogni giorno offendiamo lavandoci le mani e delegando il disastro politico a una casta di dubbia efficienza. Per concludere: non andare a votare è da stupidi, anticostituzionale (è un nostro diritto e dovere) ed è la sconfitta dell’intelligenza umana, perché con il voto si possono davvero cambiare le cose.  E quando per strada qualcuno solleva la questione dicendo: “Ma chi dobbiamo votare se sono tutti ladri?” Bisogna semplicemente rispondere che di partiti ce ne sono a sufficienza per soddisfare tutte le sfumature ideologiche e dare una possibilità a chi nella politica crede davvero.


 (di Guglielmo Ferrazzano)

martedì 4 giugno 2013

In cammino verso i palazzi del potere : gli europei si ribellano all’ Europa.


GERMANIA- Tutto è cominciato venerdì, a Francoforte, ed è proseguito per tre giorni. Un corteo di 2500 persone, si è diretto verso la Banca Centrale Europea (BCE),per protestare contro le politiche di austerity e contro gli attori finanziari colpevoli di aver generato la crisi. Da tutta l’ Europa hanno risposto all’appello del cartello Bloccupy Frankfurt che per il secondo anno consecutivo ha costruito la mobilitazione nella cittadina tedesca. Circa centocinquanta gli italiani.

I manifestanti hanno impedito ai dipendenti della Bce di raggiungere il proprio posto di lavoro, invitandoli ad unirsi alla protesta per bloccare l’operatività del distretto finanziario. Inoltre sono state bloccate le vie d’accesso agli uffici della Deutsche Bank. La protesta si è successivamente spostata nei pressi dell’aeroporto.
Una manifestazione tendenzialmente pacifica, anche se non sono mancati momenti di tensione che hanno spinto la polizia ad utilizzare spray urticanti al peperoncino contro la folla.

SPAGNA- Si marcia anche su Madrid. Si marcia contro la dittatura della “Troika” : Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale e Banca Centrale Europea. In questo paese sei milioni i disoccupati vivono ai limiti della sopravvivenza.

PORTOGALLO- A Lisbona, dopo che il governo aveva annunciato un nuovo piano di austerità, i cittadini chiedono le dimissioni del presidente .

TURCHIA- La protesta si fà più aspra in Turchia dove si è appena concluso il quarto giorno di aspre contestazioni ad Ankara e Istanbul. I cortei vanno avanti da diversi giorni dopo l'annuncio del governo di voler distruggere gli alberi del Gezi Park di Istanbul per far posto ad un centro commerciale e si sono trasformati in manifestazioni politiche e trasversali: il bilancio di quella che è diventata una vera e propria rivolta parla ormai di oltre 1000 feriti , 1700 arresti e due morti.

Gli europei protestano, L’Unione Europea li osserva.
Decine di transenne a dividere l’Europa dai suoi abitanti. La polizia da un lato, i manifestanti dall’altro. Servirebbe pensare ad un’ Europa che badi meno ai numeri e di più alla tutela dei diritti dell’ individuo, alla promozione della sua crescita personale e collettiva ; un’ Europa che renda i suoi cittadini meno schiavi dei suoi vincoli. Questa la richiesta.

Che sia arrivata l’ora di una nuova primavera, stavolta europea?

di   Sonia Pellegrino

LOVE AND MARRIAGE: IL PRIMO MATRIMONIO GAY IN FRANCIA


 Celebrato a Montpellier il primo matrimonio gay della nazione.


Prima applicazione della legge promulgata dal Presidente Francois Hollande

MONTPELLIER- Il primo “si” gay della storia di Francia è stato pronunciato.  

Bruno Boileau e Vincent Autin si sono sposati nel municipio di Montpellier,uniti in matrimonio dal sindaco socialista, Helene Mandroux.

Il 29 Maggio 2013 è stato celebrato a Montpellier il primo matrimonio tra persone dello stesso sesso in Francia. Gli sposi sono Vincent Autin, 40 anni, e Bruno Boileau, 30 anni. La cerimonia si è svolta nella “Sala degli incontri” del municipio, erano presenti circa 300 invitati,compresi molti politici,dirigenti di varie associazioni e giornalisti. A celebrare la cerimonia è stata il sindaco della città, Helene Mandrou, che è da sempre sostenitrice del matrimonio gay.
Il loro matrimonio, seguito da circa 200 giornalisti provenienti da una ventina di paesi, è il primo ufficiale celebrato nel Paese dopo l’approvazione della legge Taubira e riscrive la storia francese, diventando cosi il 14esimo Paese a permettere l’unione tra persone dello stesso sesso.

La scelta di Montpellier per le prime nozze tra persone dello stesso sesso si deve proprio all’attivismo del sindaco negli ultimi anni. Nel settembre del 2012 il ministro dei diritti delle donne, Najat Belkacem-Vallaud, arrivò a Montpellier è incontrò Vincent Autin, che all’epoca era a capo di un’associazione in difesa dei diritti degli omosseali. Proprio quel giorno la ministra e il sindaco annunciarono che in quella città del sud della Francia si sarebbero svolte le prime nozze gay, se mai la legge promessa da Hollande fosse stata approvata.
Ed è stato proprio così, i due protagonisti sono riusciti a coronare il loro sogno d’amore.

A rovinare la giornata è stato un  piccolo gruppo di attivisti contrari alle nozze gay che, dopo aver superato lo schieramento delle forze dell’ordine, ha lanciato fumogeni vicino al municipio poco prima dell’arrivo degli sposi. Le contestazioni erano attese, ma sono state contenute.

Abbiamo assistito a un altro passo avanti della storia. Il progresso che si fa avanti tra la folla, tentando di cambiare il passato.
Ma nonostante ciò continueranno ad esserci coloro che lottano per l’unione tra uomo e donna, perché considerato l’unico “possibile” amore.
Non sappiamo cosa accadrà, quanti altri matrimoni gay ci saranno, e quanti altri verranno negati, ma c’è sempre questo barlume di luce che fa intravedere che si lotta ancora per i valori di un tempo, come l’amore appunto, che sia etero o omosessuale.


                                                                                                                 Paola Iaia
Fonte Immagine: Google