Cosa
sta succedendo in Ucraina: siamo davvero sull’orlo di una guerra civile?
Il grido d’allarme
arriva da uno dei massimi esponenti dell’autorità ucraina post URSS, Leonid
Kravchuk: il primo presidente dell’Ucraina indipendente in carica dal 1991 al
1994. Ne ha per tutti Kravchuk, accusando la maggioranza parlamentare di mettere
in ginocchio le opposizioni, e le opposizioni di lanciare continui e
provocatori ultimatum al Governo bypassando il dialogo politico. Ma cosa sta
davvero succedendo a Kiev in questi ultimi mesi? Tutto è partito dalla
decisione del governo ucraino il 21 novembre scorso, per mano del primo
ministro Mykola Azarov, di rinunciare all’accordo di associazione tra l’Unione
Europea e l’Ucraina, che avrebbe permesso di evitare il crac finanziario,
imminente secondo molti analisti, grazie alla soppressione dei dazi doganali
delle merci in uscita verso l’Europa, il tutto a favore del rafforzamento
commerciale con la Russia. Immediatamente dopo la divulgazione mediatica dell’accaduto,
decine di migliaia di Ucraini hanno sfilato pacificamente per le strade di Kiev
chiedendo al Presidente Yanukovich di andare avanti con l’accordo UE e
accantonare l’intesa con il primo ministro Russo Dmitri Medvedev. I primi
tafferugli iniziano il 30 novembre: i cortei promossi dai maggiori partiti d’opposizione
capitanati dal leader di UDAR Vitaly Klitschko infatti, si presentavano sempre
più numerosi, così come gli scioperi. Il culmine della tensione è stato
raggiunto quando la polizia ucraina decide di intervenire, caricando e
manganellando i manifestanti, arrestandone 35; un uso della forza assolutamente
spropositato visto che i cortei sono sempre rimasti pacifici, che ha suscitato
viva indignazione anche da esponenti di spicco dei vari paesi europei e dagli
USA. Per tutta risposta il 1 dicembre circa 300mila persone si riversano per le
strade della capitale, formando la più grande manifestazione di piazza dopo la
Rivoluzione Arancione del 2004. Per riprendere in mano il controllo della
situazione, il governo ucraino tenta l’accelerata verso Mosca, chiudendo il 17
dicembre un accordo molto vantaggioso:
investimento pari a 15 miliardi di dollari da parte della Russia in
titoli di stato ucraini e sconto di circa il 30% sulle forniture di gas. Grazie
all’intesa Russo-Ucraina le proteste iniziano a placarsi. Il clima di tensione
torna prepotentemente il giorno di Natale, quando la nota giornalista Tatiana
Chernovil, famosa per i suoi articoli critici verso quello che rassomiglia
sempre più ad un regime di Yanukovich, viene brutalmente pestata da due uomini
nella periferia di Kiev, scatenando una forte ondata di indignazione che dà il
via a nuove proteste e cortei di solidarietà. Dal carcere, dove è detenuta illecitamente
secondo una recente sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, l’ex
primo ministro Julija Timoshenko, tra i principali accusatori del presidente in
carica, sprona il popolo affinché si batta per la libertà e la democrazia. Per
cercare di porre un freno al rinnovato spirito contestatore dei sostenitori dei
partiti all’opposizione, il governo vara il 16 gennaio una serie di norme
repressive, sul modello Putin, limitando considerevolmente la libertà di
stampa, di opinione e di associazione, vietando qualsiasi corteo non
autorizzato sul tutto il territorio ucraino. Il nuovo pacchetto di leggi però
ha l’effetto opposto: la piazza s’infiamma e reagisce molto più violentemente
portando il Paese ad un’ulteriore inasprimento della crisi. Un primo tentativo
di risoluzione è stato fatto il 23 gennaio, con un vertice tra presidente ed
opposizioni per arrivare ad una tregua, poi non concretizzatasi effettivamente.
Ieri, dopo circa due settimane di violenti scontri tra polizia in tenuta
antisommossa e manifestanti, dove sono stati occupati anche numerosi edifici
governativi, la maggioranza parlamentare ha deciso di abrogare le leggi
vergogna, tentando una mediazione con le opposizioni per uscire da una sempre
più tesa ed intricata situazione, anche grazie all’intervento diplomatico degli
Stati Uniti che minacciavano pesanti sanzioni contro l’Ucraina se la violenza
della polizia verso il popolo non fosse cessata completamente. Purtroppo la
mediazione non ha coinvolto anche i manifestanti già arrestati dalle autorità,
per i quali le opposizioni chiedevano una amnistia immediata, per questo i
cortei delle frange più radicali delle opposizioni non si sono ancora del tutto
sciolti, e soprattutto continuavano ad occupare il Ministero dell’Agricoltura.
Il neo premier Arbusov, subentrato dopo le dimissioni in massa del governo
nella giornata di ieri, proprio su questo sta concentrando i suoi sforzi in Parlamento,
mentre il fronte delle opposizioni inizia a spaccarsi: per la prima volta dall’inizio
della rivolta infatti, si è arrivati al conflitto tra i manifestanti di
Svoboda, partito nazionalista, e i radicali di Spilna Sprava che occupavano la
sede del dicastero; dopo un duro scontro il palazzo del ministero veniva
liberato. La visita odierna dell’alto commissario europeo Catherine Ashton
proverà l’arduo compito di mediare tra maggioranza ed opposizione, che se
continuano di questo passo rischieranno di far degenerare la protesta in una
vera e propria guerra civile come pronosticato da Kravchuk, in un paese in
pieno scontro tra attivisti progressisti pro-UE e conservatori fedeli a
rapporti mai soppressi tra Ucraina e Russia dai tempi dell’URSS, quando insieme
formavano un unico Stato.
Raffaele Ausiello
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