venerdì 19 aprile 2013



<<No more hurting people. Peace.>> La strage di Boston. Di Guglielmo Ferrazzano



Boston, Lunedì 15 aprile. Andava tutto bene e le televisioni del mondo riportavano parlavano della maratona più antica del mondo, arrivata quest’anno alla 117° edizione, a partire dal 1897. Era una giornata come tante, assolata, serena e speciale per le molte persone. Una giornata di svago, simbolo di una città multiculturale apprezzata in tutto il mondo. Poi due esplosioni ravvicinate, e quello che doveva essere un clima di festa si trasforma in terrore puro, che in meno di due ore attraversa come notizia le testate di mezzo mondo, ravvivando il pericolo terrorismo di cui l’America conosce bene il volto.
Mentre alcuni podisti stavano superando linea d’arrivo, le esplosioni ravvicinate, una nei pressi della linea di traguardo e l’altra in strada, avevano appena adempiuto il loro vigliacco destino. Dopo i boati, come si può vedere in molti video amatoriali, la gente inizia a urlare e in tanti soccorrono chi non è riuscito a sottrarsi alla deflagrazione devastante degli ordigni. Decine di telefonate, molte al presidente Obama. Nessuna rivendicazione da parte di gruppi terroristici, nelle prime ore si brancola nel buio e decine di cittadini si ammassano fuori gli ospedali in attesa di notizie dei cari feriti. Tante, troppe mutilazioni. Più di cento feriti dopo la prima esplosione, che a detta dei medici è stata così devastante perché gli ordini fabbricati artigianalmente (dopo si scoprirà che esse erano pentole a pressione cariche di esplosivo e altro materiale) erano pieni di chiodi e altri frammenti pronti a dilaniare la carne.

Pericolo terrorismo?

Subito si è pensato alla matrice terroristica islamica, poi smentita sia da Obama che da alcuni agenti federali pronti ad aiutare le indagini avviate dalla FBI. Poi addirittura, nel silenzio del Presidente degli Stati Uniti, che nella sua prima dichiarazione ha evitato il più possibile di pronunciare la fatidica parola, si è ipotizzato un attacco terroristico “interno”. Nel mentre, alcuni voli  in tutta l’America non sono stati effettuati perché a bordo dei velivoli c’erano persone di origine araba.  Alle ore 21:00 Italiane, i TG di tutte le reti riportavano l’espressione: “Psicosi da Terrorismo”. New York, Washington e Boston sono rimaste chiuse al traffico aereo tutta la notte e i palazzi del potere sono rimasti tutt’ora sotto stretta sorveglianza. Intere strade svuotate di vita perché gli avvisi piombati a pioggia dalla FBI e polizia locale avvisavano: “Raggruppatevi. State a casa oppure a lavoro, non uscite dagli uffici.” 
Le prime indagini fatte sul luogo si sono dirette sulla natura degli ordini e l’ispezione dei palazzi limitrofi.

Gli ordigni.

In un mondo dove se non sai fare una cosa, si può imparare a farla su guardano Youtube, la vicenda degli ordigni esplosi durante la maratona è strettamente legata al mondo della rete.
Nessuna bomba a orologeria o strani marchingegni, ma semplici pentole a pressione cariche di esplosivo, armate da attivatori a batteria e probabilmente fatti scattare con un segnale da un telecomando o telefono. Il dettaglio più agghiacciante non è la semplicità con cui si può fabbricare questo tipo di esplosivi, ma la carica di materiale “extra” dedotta dai resti analizzati e le dichiarazioni dei medici. Chiodi e biglie d’acciaio, pronti a diventare letali durante un’esplosione. Molte vittime hanno riportato ferite così gravi da comportare amputazioni oppure ore in sala operatoria con il proprio destino appeso a un filo. Su Youtube si può trovare di tutto, ma il fatto che molti tutorial riguardano tecniche di caccia, personalizzazione e costruzione di armi, ha fatto ipotizzare alla polizia che il terrorista è un “lupo solitario”, cioè un criminale slegato da vincoli e appartenenze a gruppi organizzati. In Italia purtroppo ne abbiamo avuto un tragico esempio con l’esplosione della bomba all’entrata della scuola a Brindisi.


Le dichiarazioni di Obama e le lettere di minaccia.

“No more hurting people. Peace.” È la frase scritta sul cartellone azzurro dal piccolo Martin Richard, una delle vittime delle esplosioni e purtroppo, il simbolo di quel giorno tragico. Obama ha adottato quelle parole durante la cerimonia commemorativa nella cattedrale della città del Massachussets per ricordare agli americani di restare uniti. “Preghiera, coraggio e pazienza”, ha spiegato Obama, che durante la cerimonia ha ostentato sicurezza e trattenuto a dovere paura e rabbia. “L’America ha affondato un colpo duro al terrorismo con la cattura e uccisione di Bin Laden e riuscirà ad assicurare alla giustizia i colpevoli, terroristi e non. Vi troveremo”, ha detto il Presidente USA.
Intanto due lettere contenenti “ricina”, componente velenoso e legato agli ordigni esplosivi, sono state dapprima bloccate e analizzate dalle autorità competenti. La prima, inviata a Roger Wicker, senatore repubblicano nel Mississippi. La seconda inviata direttamente a Obama e intercettata dal Dipartimento di sicurezza che lo protegge. Due pacchi sospetti sono stati consegnati al Senato e l’individuo che li ha portati è stato messo sotto interrogatorio. Dal lupo solitario si è iniziato a pensare a un gruppo terroristico indipendente. Ma la strada per la verità è ancora lunga.

Le ultime ore.

Dopo un’attenta analisi degli ordigni e le numerose foto che ritraevano una persona di statura media su un tetto durante l’esplosione e il tessuto di colore nero trovato vicino i resti del primo ordigno, FBI e polizia locale, ben unite e sicure riguardo il terrorismo interno hanno setacciato la città in poche ore, filtrando vie di comunicazione e mezzi di spostamento. Diversi interrogatori a sospettati, poi finiti in un vicolo cieco, finché poche ore fa dopo la sparatoria al Mit dove un poliziotto è stato ucciso, durante una rappresaglia a Watertown, uno dei sospettati dell’attentato alla maratona è morto e il complice è tutt’ora in fuga.  Sono bastate alcuni video amatoriali che ritraevano i sospetti di età compresa tra i 23 e 30 anni (da confermare) per indirizzare la rappresaglia. Obama ancora una volta ha ribadito che il tentativo di terrorizzare l’America non può funzionare: “Non qui. Non a Boston.” E il Papa Francesco, attraverso Twitter, ha chiesto ai fedeli di tutto il mondo e i cari delle vittime di pregare con lui. La corsa sembra essere giunta quasi al termine. 

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